Author Topic: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?  (Read 5578 times)

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Offline maxino

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come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« on: 27 April , 2012, 19:20:40 PM »
salve, visto che sono sempre alla ricerca di qualcosa di stabile, e al momento posso dire che non so nemmeno che significa stabile, mi piacerebbe sapere le avventure che avete vissuto prima di arrivare alla vostra attuale posizione lavorativa, di libero professionista, dipendente o altro, se siete soddisfatti, se cercate altro ancora.

ciao

Offline aleaaa

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Re: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #1 on: 17 May , 2012, 11:37:53 AM »
....mandando un curriculum e poi da li coincidenze e casi fortuiti... il culo e' una componente che non deve mai mancare :)

zax2010

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Re: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #2 on: 04 June , 2012, 23:37:47 PM »
Forse fu già al secondo giorno.
Scendevo, timido, i gradini tra i banchi dell'aula ad anfiteatro, un po' frastornato dalle novità e cercando di ricordare se l'aula in cui seguire la lezione successiva fosse stata a destra o a sinistra rispetto a quella in cui mi trovavo.
Mi si parò davanti bloccandomi la strada, e costringendo ad infilarmi in una fila di banchi appena svuotatasi.
“Ma tu non sei...Zax2010?”. Lo guardai con maggiore attenzione, nel tentativo di ricordare chi fosse. Se conosceva me dovevo conoscerlo anch'io; o no? Bassino, un po' sovrappeso, capelli neri e fitti. Ma chi era?
A nulla servirono gli indizi che cominciò a sciorinarmi. Avevamo frequentato la stessa scuola media, seppur in sezioni differenti, lui non abitava in città ed arrivava con lo scuolabus, ecc. Conosceva episodi, veri, di allora che mi coinvolgevano.
Come asso nella manica, per farmi finalmente ritrovare la memoria, mi raccontò infine dei blocchi di polistirolo che si infilava nei calzoni quando giocando a calcio come portiere poteva tuffarsi sul duro asfalto del campetto della scuola senza farsi male.
Io non ricordavo nulla. E vi giuro, di tutti quegli episodi che nei due minuti di conversazione riuscì allora a raccontarmi io continuo, ancora oggi, a non ricordare nulla.
Però fu così che io e Nino.C diventammo amici.

Al contrario di altri colleghi, animati dal sacro fuoco del primo banco - sveglia alle sei per arrivare in aula alle sette, per posizionare registratore e sedia davanti la prima fila, fissa, delle aule più grandi - Nino.C era molto comodista. Abitando in affitto in una casa insieme ad altro studente un po' più ligio di lui, lo incaricava, ma sempre ne avesse voglia, di riservargli un posto. Non sempre arrivava puntuale, accontentandosi, a lezione iniziata, di sedere in alto nell'aula ad anfiteatro, lasciando libero il suo posto prenotato che veniva poi occupato da altri che comunque guardavano male il co-inquilino. Il quale poi si lamentava, diceva che la prossima volta mai più, che a farsi guardar male per lui non aveva voglia, e cose così, insomma.

Il carattere di ognuno di noi non si forma in un giorno, ma esso, una volta formatosi, difficilmente potrà mai più cambiare. E Nino.C era ed è così. Perennemente in ritardo, conscio di esserlo, e orgoglioso di doverlo essere. Quasi un suo tratto che lo distingueva e lo distingue dagli altri. Non accelerare mai il passo, non scusarsi dei ritardi con gli amici, non cercare mai di recuperare il tempo perduto (perchè in realtà, a ben vedere, perduto non è). Una naturale condizione dell'anima.
La cosa bella di questa tipologia di individui è che essi, in realtà, hanno sempre tempo, e non lo perdono mai, come invece fa chi è puntuale, chi cerca di rispettare scadenze ed impegni.

La vita di Nino.C è stata costellata di impegni mancati che mai però gli hanno procurato dispiaceri o hanno scalfito il suo stato di felicità permanente. Lezioni dimenticate, esami cui si presentava il giorno dopo, raccomandate spedite fuori termine, concorsi in cui si presentava pensando di dover sostenere la prima prova, ma in effetti era la seconda, treni persi per un soffio, se solo fossero partiti con almeno mezz'ora di ritardo. Insomma, ci siamo capiti.

Oggi litiga con i clienti che tre mesi prima gli avevano detto che la tal progettazione non era urgente, ed è felicemente sposato con altro ingegnere conosciuto ad un esame di abilitazione per l'insegnamento di topografia, che ambedue, felicemente, non hanno superato.

Nino.C era iscritto in Ingegneria Idraulica. Fu intorno al 3° anno che, con i suoi orari di studio 'regolari' dalle 23 alle 3 del mattino, non era più riuscito a seguire tutte le materie, trovandosi di fatto indietro di un anno. Io non lo persi di vista, perchè nel frattempo, anch'io studente fuorisede, avevamo trovato casa insieme (con altri 4 coinquilini). Io seguivo i miei corsi, lui ricominciò a seguire i suoi. Con un anno di ritardo.
Fu così che conobbe Costanza.
Ragazza, a sentir lui, di rara bellezza, e soprattutto, per i tempi, una delle poche ragazze di ingegneria, in idraulica per giunta.
Probabilmente Costanza non era affatto una ragazza da buttare. Sentivo commenti entusiasti anche da altri. Ma si sa nel deserto...... Io onestamente, avendola vista una sola ed una sola volta, non la ricordo.

Nino.C non era per niente quel che si dice un buon partito, o un bel ragazzo, o uno che colpiva 'facile'. Sapeva di dover avere pazienza, di dover sudare, di doverci provare, e poi provare, ed infine provare, ed ancora provare. Insomma doveva avere Costanza (è proprio il caso di dirlo).
Cominciò a seguire tutte le lezioni in cui c'era anche la ragazza, cominciò, stranamente per lui, ad arrivare puntuale alle lezioni delle materie che seguivano in comune, ed a volte, addirittura, anche in anticipo. Sperava così di poter scambiare qualche chiacchiera (che comunque verteva alla fine sempre su: ma il capitolo tal dei tali tu lo hai capito? Ma la formula xxx ti è chiara?).
Si sa, la potenza dell'amore fa strani effetti. Ma la timidezza fa da tappo alle vere cose che si desidera dire.

Dall'altra parte però, come spesso succede, non vi era alcun interesse effettivo. La giovane ragazza aveva di già il suo cavaliere (tal Giovanni.R - “Un vero cretino! Come fa a starci!” mi diceva il mio amico). Il buon Nino.C avrebbe potuto continuare a seguire tutte le lezioni del mondo, insieme a lei, ma in ogni caso non sarebbe arrivato a nulla. Noi lo avevamo capito, forse. Lui no.
Fu al 4° anno che Nino.C ideò un 'subdolo' piano. Anche Costanza, così come lui, non era riuscita a dare del biennio Fisica II.

“Ma perchè non uniamo gli sforzi, e la studiamo insieme?” fu la proposta ….. e, giubilo, Costanza accettò.

Il racconto richiede che io dica adesso che da buon studente fuori sede, e diciamolo pure, abbastanza squattrinato, Nino.C era dotato di un unico mezzo di locomozione: i suoi piedi. Strategicamente aveva scelto la casa in affitto in modo che fosse più o meno baricentrica tra la stazione dei treni e dei pullman e la facoltà di ingegneria. Destinazioni che raggiungeva regolarmente semplicemente camminando.
La conoscenza che lui aveva della città era praticamente bilineare. Dalla stazione a casa sua, da casa sua alla facoltà. Una condizione dello studio insieme, dettata a quanto pare da Costanza stessa, era che lui andasse a casa di lei. Un luogo della città non periferico, ma praticamente dall'altro lato rispetto ai tre luoghi frequentati abitualmente da Nino.C.
Lo anticipo subito. L'esperienza fu un fiasco completo. Per poter essere ogni pomeriggio in casa di Costanza, il povero Nino.C, dopo una mattinata di lezione, doveva già alle 14.00 essere alla stazione dei pullman, prendere un bus navetta che lo portava ad una piazza di 'snodo', lì scendere ed attendere la coincidenza con altra corsa che lo avrebbe portato ad altro 'snodo' ed infine prendere un ultimo bus con scarpinata finale, fino alla meta agognata. Ovviamente tutta la trafila al contrario per rientrare nella propria casa. Avendovi parlato della solita 'sfortuna' nella tempistica di Nino.C, bastò una sola settimana di ritardi, a volte imbarazzanti, perchè Costanza desse uno stop deciso alle sue visite. Non senza dispiacere da parte di Nino.C.
Per amore di completezza debbo assolutamente aggiungere che Fisica II fu poi l'ultima materia che il nostro sostenne, quando era proprio necessaria per potersi infine laureare.
E' forse anche possibile, a parte i ritardi, che il buon Nino.C, ringalluzzito dal successo iniziale, avesse fatto qualche mossa affrettata che Costanza pensò bene di stroncare sul nascere. Chissà.
Ciò che invece interessa di questa storia è che in ogni caso la loro frequentazione a lezione non ebbe ad interrompersi. Continuò per tutti gli altri corsi fatti in comune. E tutto sommato, lei favorita perchè sicuramente non le era mai importato, la 'gestione' della faccenda aveva preso i binari, da entrambe le parti, di una intelligente trasformazione in amicizia del 'sognato' rapporto.
Io sono ancora amico di Nino.C ma proprio perchè lo conosco, pur avendo affetto per lui, onestamente non lo consiglierei a nessuno. Troppo alto il rischio, con lui, di far brutta figura. Non per la sua scarsa capacità tecnica, o il poco impegno professionale, anzi. Ma al solito per il discorso dei tempi, delle consegne. Assolutamente inaffidabile.
Ma Costanza evidentemente non la pensava così. E quando un amico di famiglia, un ingegnere, le chiese se conosceva qualcuno disposto a passare qualche pomeriggio nel suo studio, non avendone alcuna intenzione lei, pensò subito di 'girare' la richiesta a Nino.C
Il quale rispose con entusiasmo. Era un periodo in cui stava terminando tutte le materie, preparava la tesi, e pensò bene di accettare l'offerta. In fondo avrebbe dovuto prendere un solo autobus, ed in ogni caso l'ingegnere gli garantiva un minimo di flessibilità, sia negli orari che nei giorni. Ci andò per quasi tre mesi. Poi capì che se voleva veramente laurearsi doveva aumentare gli sforzi nello studio (Fisica II ancora da fare, non dimentichiamolo), a scapito ovviamente del lavoro pomeridiano.

Ed è a questo punto che entro in gioco io nel presente racconto.
Mi ero già laureato, ed in attesa della chiamata al Servizio Militare, avevo accettato di proseguire il lavoro della tesi presso il dipartimento (ero piaciuto al professore, che non mi fece mai promesse, ed a cui io non avevo nulla da chiedere). Ero flessibile negli orari e praticamente con i pomeriggi totalmente liberi. Nino.C non era contento di lasciare l'ingegnere così, in asso. Pensò allora di girare a me l'incarico.

Sono stato poco in quello studio, non più di 6 mesi. L'ingegnere calcolava strutture ed addirittura mi pagava. Potevo chiedere di meglio? Io segnavo le ore che passavo al tavolo da disegno, ed a fine settimana venivo regolarmente pagato. Intanto che preparavo le distinte delle travi, ricavandole dalle carpenterie che mi passava un altro disegnatore, segnando filanti, staffature standard, sezioni, numerazione pilastri, ecc. mi incuriosiva il lavoro di Giovanni.B, ingegnere poco più anziano di me, che calcolava coordinate, inerzie, baricentri, che inseriva poi nel SuperSap, programma agli elementi finiti utilizzato nello studio. Le mie domande lo infastidivano abbastanza, aveva quel pizzico di vanità del frequentatore dello studio da più tempo, più esperto, e diciamolo, un po' di puzza sotto il naso. Magrissimo, dal colorito giallastro, dalla voce un po' piagnucolosa, grande fumatore.
L'ingegnere aveva da poco comprato un potentissimo 386 a 33 Mhz, con un disco capientissimo addirittura da 110 Mb. E con quello aveva dimezzato i tempi di calcolo. Giovanni.B faceva l'input, inseriva carichi, ecc. tutto rigorosamente in maniera alfa numerica, e lanciava il calcolo intorno alle 4 del pomeriggio. A quel punto il suo lavoro era finito. Doveva semplicemente aspettare.
Era senza dubbio uno strano personaggio. Si piazzava nella stanza dove io disegnavo e, sedendosi con le sue gambe secche secche, assumendo una posizione da cicogna con le gambe accavallate, si accendeva una sigaretta da cui aspirava solamente una o due boccate, entrando in una sorta di catalessi, senza un movimento, un respiro, nulla. Si ridestava solamente quando la sigaretta, ormai totalmente incenerita, gli bruciava le dita. A quel punto entrava nella stanza dove il computer stava elaborando per vedere che tutto procedesse nel migliore dei modi, quindi se ne andava senza salutare.
L'indomani mattina arrivando allo studio, si sapeva se il calcolo era andato a buon fine, oppure se il disco si era riempito tutto per i dati temporanei, oppure ancora se qualche termine diagonale era risultato misteriosamente nullo.
Nelle seconde ipotesi si facevano le indagini del caso, si stampava il file di input, si smarcavano tutti i nodi, tutte le aste, tutti gli elementi shell, ecc. alla ricerca dell'errore, della labilità. Oppure si cercava di semplificare il modello, raffittendo di meno gli elementi shell. Alle 4 del pomeriggio si rilanciava il calcolo sperando che tutto andasse questa volta liscio.
Se invece si era nella prima ipotesi, e tutto era andato bene, si pigliava il file di testo con tutte le sollecitazioni dei vari elementi, e lo si dava in pasto ad un programmino in Basic dell'ingegnere strutturista il quale calcolava, stampandole direttamente, senza nemmeno una anteprima a schermo, tutte le verifiche delle travi e dei pilastri, progettando le armature, sia longitudinali che trasversali. Appoggio di sinistra, sezione di mezzeria, appoggio di destra per le travi. Sezione in basso, sezione in alto per i pilastri. Insomma, meraviglie dell'arte della programmazione.
A quel punto, l'ingegnere, tabulato continuo alla mano si avvicinava al mio tavolo e cominciava a dirmi: qui un moncone, qui aumenta i filanti in basso, qui raffittisci le staffe, ecc. Lametta e rapidograph appena sgrippato alla mano, completavo quindi gli elaborati. Attaccavo le copertine, mettevo il solito cartiglio con le pieghe standard dei ferri, le caratteristiche dei materiali, e via per il lavoro successivo.

Non so perchè me ne andai. Il lavoro in fondo mi piaceva, il contatto con il mondo universitario anche. Forse ero stanco di stare fuori casa e pensavo che ritornando in famiglia potevo sperare di iniziare a lavorare in proprio nella mia città. Quando lo dissi all'ingegnere capii che era dispiaciuto. Pensò che forse ritenevo poco consono alla mia 'professionalità' il ruolo di disegnatore. Non era vero. Avevo semplicemente deciso.

Non saprei dirvi. Forse rimase in lui un minimo di rimorso di coscienza. O magari solamente una normale simpatia umana che a volte si instaura. Fatto sta che dopo un anno ricevetti una sua telefonata (mi aveva chiesto il numero  “Perchè non si sa mai....”, ma io non ero e non sono tipo dalle facili illusioni).
Un ingegnere esperto, appena assunto in una ditta di prefabbricati locale, dovendo costituire l'ufficio tecnico cercava un giovane ingegnere che lo aiutasse. Ero interessato?

Il rientro a casa non era stata, forse, una brillante idea. Praticamente non si muoveva foglia. Avevo comperato il mio primo computer, installato una versione 2 e qualcosa di Autocad, e da completo autodidatta, inizialmente con l'aiuto delle fotocopie di un libro, ero riuscito a poco a poco ad utilizzarlo in maniera apprezzabile, ma nulla di più.
Nei lunghi pomeriggi di quell'anno avevo frequentavo anche un 'strano' negozio di informatica. Con un piccolo pool di programmatori che in Clipper ed in DBIII creavano gestionali per il macellaio sotto casa o per il negozio di elettrodomestici lì accanto. Gaspare.F capo del pool di programmazione, decisionista, un bel giorno mi diede il libro che lui non aveva avuto tempo di leggere, pur avendolo comprato perchè “E' il futuro!”, si intitolava: “Linguaggio C” della McGraw Hill, ed insieme ad esso mi diede anche 2-3 dischetti di un compilatore in C recuperato chissà dove: “Imparalo!”.
Fu così che imparai, sbattendoci ben bene la testa, quel po' di C che conosco.

Tornando al punto. Ero interessato? Ovvio.
Con l'ingegnere esperto della ditta locale di prefabbricati (guarda caso, o il destino, un altro Nino.C), per quanto molto diverso da me, ci capimmo subito al volo. Poco più di un anno dopo, in rotta di collisione con la direzione della ditta, abbiamo costituito una nostra società che quest'anno compie 20 anni.
Andiamo d'amore e d'accordo con una non scritta, ma fattiva, suddivisione dei compiti, litigando solamente una volta l'anno in media (pochi giorni fa l'ultima).

Che dire ancora?
Certo, tutte le scelte sono state fatte esclusivamente da me. Sono stato io a decidere, sempre.
Oppure questa è solamente una finta certezza.
Ho sempre cercato di scegliere razionalmente, valutando con attenzione i pro ed i contro di ogni possibile ipotesi. Ma spesso, pur consapevole di prendermi in giro, sono stato cosciente dell'esito finale di queste valutazioni fin da subito, prima ancora di averle fatte.

In definitiva: Destino, o libero arbitrio?

In fondo mi fa molto più piacere pensare che la allora ragazza Costanza, e che ho incontrato una sola volta, sia stata l'ignara ma principale artefice della mia vita successiva, piuttosto che quelle 3-4 decisioni che ho poi preso in seguito, come in fondo è accaduto a tutti noi, e che ci fanno apparire fintamente “artefici del proprio destino”.

A Costanza, ovunque tu sia.
« Last Edit: 04 June , 2012, 23:50:09 PM by zax2010 »

Offline ing.Max

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come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #3 on: 05 June , 2012, 00:29:11 AM »
Pronto per essere pubblicato! Bravo!
:-)
ILMIOLIBRO!!!


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"La conoscenza non occupa spazio"

Offline Cris

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Re: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #4 on: 05 June , 2012, 01:17:27 AM »
Zax... ti odio...

Tu scrivi e io mi fermo a pensare alle mie analogie con Nino.C...   :asd:
Quando i nani fanno l'ombra lunga.... è l'ora del tramonto.

Offline _automa_

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Re: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #5 on: 05 June , 2012, 09:58:51 AM »
Zax... ti odio...

Tu scrivi e io mi fermo a pensare alle mie analogie con Nino.C...   :asd:

ih ih ih io pure... sempre in ultima fila... pero'... gli ultimi due anni fuori sede per pochi soldi mi procurai una panda rossa con qualche problema di stabilità strutturale per fare le migliori scorribande... bei tempi :)...  per quanto riguarda il lavoro invece... primo anno presso uno studio ragigunto tramite degli amici dei miei, ovviamente non pagato, ma è stata un'esperienza importantissima, poi una collega di Università che ritrovai ad un corso sulla prevenzione incendi stava cambiando lasciaundo un lavoro per mettersi in proprio e mi fece fare un colloqui con un azienda che si occupava di progettazione antisismica con tecnologie innovative (cam, isolamento etc), subito assunto a tempo indeterminato dove ho fatto il progettista strutturale, anche qui ottima esperienza professionale (fra le altre cose un edificio sismicamente isolato poi realizzato ) ma a distanza di un anno ho lasciato, problemi di compatibilità caratteriale. Fu una scelta sofferta ma necessaria. Dopo un paio di mesi di stasi avevo deciso di andare al nord, avevo diversi contatti in lombardia e i npiemonte, e in fondo la cosa di cambiare aria mi allettava, scrissi qualche rigo in un giornale di annunci locale e nel giro di pochi giorin fui tempestato di imprenditori della bergamasca con qualche difficoltà a parlare italino, che cercavano ingegneri, chi per progettare tetti in legno chi per fare l'ingegniere computista in grossi cantieri di palazzine, pero' mi rendevo conto, e attenzione ne faccio un Mio problema, no nvolgio essere assolutamente frainteso, che avevo serie difficoltà a rapportarmi con la cadenza lombarda, dal Piemonte invece non arrivava nulla... ho un po temporeggiato, era luglio e decisi di aspettare fino a settembre, i primi di settembre mi arriva la telefonata di un collega che avevo conosciuto nella societaà dove lavoravo prima da cui miero licenziato, era uno deitanti che erano stati in prova una settimana... mi chiama e mi dice senti c'è un prefabbricatore che ha bisogno di rimettere in piedi l'ufficio tecnico... e sono passati quasi 9 anni, nel frattempo ho aperto anche la partita iva, ho avviato ua collaborazione quasi partnership con uno studio di architettura e insomma da cosa nasce cosa.

Offline afazio

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Re: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #6 on: 05 June , 2012, 11:24:48 AM »
 Topic: come siete arrivati al vostro attuale lavoro?

a piedi!!
« Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere. »
K.P.

Offline ing.Max

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come siete arrivati al vostro attuale lavoro?
« Reply #7 on: 05 June , 2012, 11:28:51 AM »

a piedi!!
Eheheh questo a conferma della storiella sulla mongolfiera!


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« Last Edit: 05 June , 2012, 11:38:55 AM by ing.Max »
"La conoscenza non occupa spazio"

 

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