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Ingegneria Edile, Strutturale & Geotecnica => .:Strutture:. => Topic started by: Fla-flo on 15 May , 2014, 14:21:32 PM

Title: EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 15 May , 2014, 14:21:32 PM
Testi di riferimento per questo topic:
Rif.1  UNI EN 1992-1-1:2005 – par. 3.2.7 Ipotesi di progetto. Nota 1
Rif.2  Guida all’uso dell’Eurocodice 2 (vol 2) Aicap (2006)
Rif.3  R. Park, T. Paulay, “Reinforced Concrete Structures”, Wiley&Sons, London.
Nota: indico “Es” per significare “epsilon-s”; “Euk” per significare “epsilon-uk”.
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Salve a tutti. Sarei interessato ad un vostro parere in merito alla resistenza ultima di una sezione pressoinflessa in calcestruzzo armato ordinario, suscettibile però di instabilità (in particolare, pila da ponte). La mia perplessità è proprio in un punto della norma. Cercherò di spiegare meglio possibile. La UNI EN 1992-1-1 al punto 3.2.7(2) Nota 1 recita:

“il valore di Eud da adottare in uno Stato può essere reperito nella sua appendice nazionale. Il valore raccomandato è 0,9Euk.”

Quindi: fyk = 450 MPa, Euk = 75/1000, Esu = 0,9Euk = 0,9 x 75/1000 = 67,5/1000.

Ammettiamo per semplicità una sezione presso inflessa rettangolare piena con doppia armatura. Calcolo l’equilibrio della sezione ponendo Ec = 3,5/1000 e Esu = 67,5/1000 come da norma. (Spesso, non sempre), eseguendo delle verifiche “a braccio”, osservo quanto segue:

1) (quasi sempre) l’equilibrio non è verificato. Inoltre, osservo che la parte compressa di cls cade (spesso) nello strato corticale della sezione. Devo ricalcolare l’equilibrio ponendo (ad es. come indicato nel Rif. 2) le armature compresse al limite elastico Es = Esy e poi andando avanti nelle calcolazioni…

2) anche se l’asse neutro non cade all’interno dello strato corticale, cioè se cade nell’intorno del baricentro (o poco più in basso) della armature compresse, osservo (spesso) una sezione con la maggior percentuale della parte dell’area compressa interessata dallo strato corticale.

A questo punto, il mio dubbio è il seguente. Utilizzando un programma di calcolo, con sezione verificata, come faccio a constatare che il punto (NRd, MRd) all’interno del diagramma di interazione non sia invece rappresentativo di un equilibrio con una zona compressa che interessi quasi o solo la zona corticale? Immagino, insomma, un caso particolarmente sfortunato: il punto è all’interno del dominio di interazione (magari prossimo alla frontiera) ma la sezione compressa interessa la sola (o gran) parte dello strato corticale di una sezione di una pila da ponte soggetta (però) seriamente a instabilità. Come potrei comportarmi, in tal caso? A me sembra che nel corpo normativo non ci siano osservazioni in merito a questa evenienza particolare. Potrei ugualmente contare sulla duttilità a compressione del cls di una sezione di una pila soggetta a instabilità? Anche ammettendo – ai fini di una sufficiente duttilità in condizioni di pressoflessione – una sezione relativamente esuberante per la sezione? Chiedo: c’è forse un punto della norma che mi sfugge o che non ho capito?

Diverso sarebbe, infatti, il caso di una sezione non suscettibile di instabilità. Ricordando la teoria di Kent & Park (Rif. 3), senza entrare in dettagli, sappiamo che se la sezione è sufficientemente cerchiata la deformazione ultima di contrazione del calcestruzzo può arrivare anche al 9-10/1000 (che potrebbe anche essere un valore “visto” come cautelativo se la sezione è doppiamente cerchiata). Pertanto, con una deformazione plastica dell’acciaio teso pur se considerata superiore al 10/1000 (con il valore Esu = 67,5/1000), la sezione nella verifica non incontra il problema prima descritto, perché può sfruttare tutte le sue risorse duttili e la zona compressa interessare una zona più ampia e non il solo copriferro.

Spero di essere riuscito almeno qualitativamente ad esporre chiaramente il mio dubbio (è da un po’ di anni che mi lascia pensare…). Non ricordo quale normativa estera, impone di “ignorare” lo strato corticale in alcune particolari verifiche di resistenza ULS (sinceramente non ricordo quale).
 
Sarei grato a chi volesse postare qualche osservazione o indicarmi qualche punto della norma che ho interpretato male o mi sfugge. Grazie a tutti. Ciao.  :) :)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 15 May , 2014, 21:00:43 PM
Interessante argomento.
Andiamo per gradi.
1) (quasi sempre) l’equilibrio non è verificato. Inoltre, osservo che la parte compressa di cls cade (spesso) nello strato corticale della sezione. Devo ricalcolare l’equilibrio ponendo (ad es. come indicato nel Rif. 2) le armature compresse al limite elastico Es = Esy e poi andando avanti nelle calcolazioni…
Perchè dici che l'equilibrio non è verificato?
In presenza di sforzo normale bisogna procedere iterativamente fino a quando non si raggiunge l'equilibrio stesso, in direzione longitudinale.
Sul fatto che la porzione compressa della sezione interessi una porzione più o meno grande del calcestruzzo di ricoprimento esterno rispondo in merito al secondo punto:
2) anche se l’asse neutro non cade all’interno dello strato corticale, cioè se cade nell’intorno del baricentro (o poco più in basso) della armature compresse, osservo (spesso) una sezione con la maggior percentuale della parte dell’area compressa interessata dallo strato corticale.
Prima che il calcestruzzo giunga alla sua deformazione ultima (epsiloncu) tutta la porzione di calcestruzzo compresso ha "pari dignità" nei confronti dell'equilibrio sezionale. Infatti è solo dopo che il calcestruzzo supera questo valore deformativo che iniziano a formarsi delle macro fessure longitudinali che portano ad un'espansione apparente del cls.
Questa tendenza ad "espandersi" del cls si manifesta solo per deformazioni longitudinali di compressione prossime o superiori al valore ultimo non confinato (epsiloncu) e questo implica che:
1. Per stati deformativi sezionali (curvature) tali che al lembo compresso la deformazione sia <= epsiloncu il calcestruzzo si comporta in modo sostanzialmente indifferente (stesso legame costitutivo) sia dentro il nucleo confinato, sia nello strato corticale.
2. Quando la deformazione al lembo compresso supera epsiloncu allora tutto il cls corticale è da assumersi inefficace e si considera reagente a compressione il solo cls delimitato entro il nucleo confinato (delimitato dal baricentro della staffatura perimetrale) che è compreso tra l'asse neutro e gli archi di parabola aventi per vertici le barre longitudinali confinanti. Sebbene la sezione abbia perso una buona porzione di cls compresso, il legame costitutivo del cls confinato migliora resistenza e deformazione del calcestruzzo compresso e consente il raggiungimento di curvature decisamente maggiori di quelle convenzionali fino a quando non si arrivano alle uleriori condizioni ultime che possono essere:
Nell'istante in cui la sezione perde il cls di ricoprimento c'è una discontinuità con un salto in basso nel diagramma momento-curvatura, ma la sezione trova facilmente una nuova condizione di equilibrio grazie al cls "dopato" che si trova nel nucleo confinato.
Questo è quello che succede ad un pilastro 30x60 cm (armato e staffato in modo sismicamente adeguato) compresso da uno sforzo normale adimensionalizzato pari a 0.3:
(http://i.imgur.com/MJGHrBe.jpg)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 16 May , 2014, 09:46:40 AM
Ciao g.iaria.

ti ringrazio di ciò che hai postato. Concordo pienamente da punto di vista della teoria e del calcolo. Mi riservo comunque di rileggere più volte quanto hai osservato in modo da capire bene tutto, senza tralasciare niente. Intanto, preciso che il problema mi è stato fatto notare nel 2006 circa. Si trattava di una pila da ponte bicava, rettangolare (circa 7 m x 4 m, con pareti di spessore variabile da 120 cm a 35 cm, se non ricordo male). L'altezza massima delle pile era molto impegnativa (circa 50-60 m). La Committenza aveva chiesto che i calcoli automatici (all'epoca utilizzavo un noto prodotto commerciale, tutt'ora in auge, che permetteva l'analisi delle sezioni in c.a.) fossero sempre accompagnati da un calcolo manuale, il più dettagliato possibile. Questo per spiegare, in che contesto era nata la perplessità di tutti all'epoca. Senza che mi dilungo in dettagli, se per te può essere lo stesso, faccio prima a invitare, chi fosse interessato a discutere ulteriormente su questo dubbio, a dare un'occhiata all'Esempio n. 2 (Effetti del 2° ordine in presenza di carico assiale) del seguente testo: "Guida all'uso dell'Eurocodice 2 - vol. I". Nella mia copia cartacea (ed. 2006), l'esempio si trova alle pagg. 119-120-121. Secondo me, centra perfettamente il problema! E potrebbe far risparmiare un po' di tempo. L'osservazione che ci venne fatta all'epoca riguardava la perplessità di alcuni sul fatto o meno di considerare lo strato corticale ma solo in elementi suscettibili di fenomeni di instabilità importanti. Tieni conto che le verifiche automatiche erano verificate, tutte positivamente, secondo UNI EN 1992-1-1:2005.

Se proprio mi posso "sbilanciare", per me l'incongruenza è questa: la EN 1992-1-1:2005 impone di considerare la deformazione ultima dell'acciaio fino al valore di Eud = 67,5/1000 senza specificare altro. Se, ad esempio, volessi calcolare l'equilibrio nel momento dell'espulsione del copriferro (condizioni sismiche), la teoria di Kent & Park mi autorizza - posto che la sezione sia adeguatamente cerchiata - a poter contare su contrazioni del cls fino 9-13/1000 (ovviamente, dietro opportuno calcolo). Pertanto, utilizzando Eud = 67,5/1000 non trovo nulla di strano con Ecu dell'ordine di 10/1000. Quello che trovo strano e che si possa considerare "accettabile senza riserva alcuna", soprattutto all'interno della costruzione del diagramma di interazione - specificatamente - per gli elementi soggetti a seri problemi di instabilità, un equilibrio (di resistenza???) con Ecu = 3,5/1000 e Eud = 67,5/1000. Basta fare due conti a mano, porre le due ultime deformazioni come dati di progetto e vedere dove cade l'asse neutro in condizioni di pressoflessione retta, seguendo ad es. il metodo della "curvatura nominale" (UNI EN 1992-1-1:2005, par. 5.8.8 ).
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 16 May , 2014, 10:20:24 AM
Le deformazioni limite e, piú in generale, i modelli costitutivi di cls e acciaio, sono riferiti al solo calcolo sezionale ed in quanto tali consentono di determinare in modo analitico:
Le analisi sono eseguite sempre a livello di sezione.
In parallelo a queste analisi, si va ad indagare per gli elementi snelli compressi il problema dell'instabilità a livello di elemento.
Ad ogni modo per analisi a forze imposte, in cui non si richiede all'elemento o alla sezione una particolare domanda di spostamento (curvatura), non ha senso escludere lo strato corticale, dato che l'importante é garantire il solo equilibrio nei confronti delle azioni (le più restrittive nei riguardi della resistenza sezionale e della stabilità) e comunque, come si evince dal diagramma momento e curvatura che avevo prima postato, i valori massimi del momento si attingono di solito proprio al momento dell'espulsione del copriferro.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 16 May , 2014, 11:19:01 AM
... 1) (quasi sempre) l’equilibrio non è verificato. Inoltre, osservo che la parte compressa di cls cade (spesso) nello strato corticale della sezione. Devo ricalcolare l’equilibrio ponendo (ad es. come indicato nel Rif. 2) le armature compresse al limite elastico Es = Esy e poi andando avanti nelle calcolazioni…

Finalmente si vede una discussione di ingegneria.
Vorrei metterci dentro la testa e capire qualcosa di più.
Mi sembra che le problematiche sollevate siano più di una, vediamo di elencarle:
1) E' possibile accettare risultati dove la parte compressa è quasi tutta al di fuori delle armature compresse (cotica) con un cls non avvolto da armature?
2) E' consentito accettare una deformazione del cls maggiore del 3,5 per mille?
3) La deformazione dell'acciaio (che inizialmente si assumeva rotto al 10 permille), con la nuova normativa si può assumere del 67 permille alterando i risultati.
4) In più siamo in presenza di instabilità, pertanto dobbiamo anche riferirci al diagramma momento-curvatura.

Se, non ho sbagliato a capiere e i problemi sono questi, allora, propongo di andare con ordine.
Sigmund dice: la sezione non è verificata. Bene, per prima cosa vediamo l'esempio pratico e le tensioni ultime ottenute e provaiamo a fare l'equilibrio con calcolo manuale delle risultanti delle tensioni. Queste devono tornare per forza. poi passiamo agli altri argomenti.
Sigmund, non riesci a ridurre l'esempio alla sola sezione e alle sollecitazioni ottenute, per controllare e poi andare avanti?.
Ciao
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 16 May , 2014, 19:31:09 PM
Ciao. Sono d’accordo con il fare un po’ di ordine. Altrimenti, come al solito, creo solo confusione pure nella mia testa. Allora, premetto che la discussione volevo “portarla” prima su un piano intuitivo e di buon senso, per non annegarci subito in questioni di formule e cavilli normativi. Mi interessava molto una prima vostra impressione sulla posizione della norma (Eurocodice 2) sul valore dell’allungamento unitario del 67,5/1000. Vorrei capire con voi quali sono le implicazioni di questa nuova posizione che porta e i calcoli manuali e i calcoli automatici a non considerare più il vecchio limite del 10/1000. Un Autore e Professore autorevole, in una sua pubblicazione, ha affermato che questa posizione semplifica enormemente le calcolazioni. Non discuto, pertanto, a livello di calcolo quanto è stato postato da g.iaria che ovviamente trovo giusto sotto ogni aspetto e né mi dà “fastidio” l’affermazione fatta dal Professore. La mia è soltanto una “provocazione” forte nei confronti della normativa quando siamo, ad esempio, di fronte ad una pila da ponte soggetta all’instabilità in condizioni transitorie dinamiche.

Provo quindi a postare due numeri. Ripeto, però, che vorrei evitare che diventi troppo farraginoso tutto il discorso. Prendo i dati dal testo dell’AICAP. Altezza pilastro l = 12000 mm (schema di mensola, se ipotizziamo che non ci siano assolutamente cedimenti differenziali per la fondazione). Carico centrato Pd = 1 MN con eccentricità geometrica rispetto all’asse e0 = 400 mm; azione orizzontale (in testa al pilastro) d’inerzia sismica Fd = 40 kN. Coefficiente di viscosità fi = 2,5 (il solito valore), modulo di elasticità (secante) del cls Ecm = 35 GPa (resistenza caratt. cls fck = 40 MPa). Tralasciando i calcoli, scegliendo ad esempio il “metodo della curvatura nominale” ottengo nella sezione all’incastro con la fondazione la coppia delle sollecitazioni di progetto: NEd = 1 MN, MEd =1270 kNm. Nell’esempio, viene proposta una sezione rettangolare 700 mm x 700 mm. Distanza baricentro armature dai casseri d’ = d’’ = 50 mm sia superiormente che inferiormente. Trascuro le armature di parete, per semplificare. Le armature (simmetriche) sono già predimensionate As = A’s = 4520 mmq (acciai fyk = 450 MPa).

Allora, ammettiamo che debba giustificare ad un ispettore dell’Italferr (con i quali non si scherza!) che esige una verifica manuale. Allora, seguendo le disposizioni della EN 1992-1-1:2005, scriverò:

epsilons = epsilonsu = 0,9 x epsilonuk = 0,9 x 75/1000 = 67,5/1000; epsilonc = epsiloncu = 3,5/1000.
Quindi (1° perplessità), calcolo l’asse neutro per questa posizione della deformazione lineare della sezione:
Asse neutro (posizione): yn = d/[1 + 67,5/3,5] = 0,0493d = 32 mm < d’ = 50 mm (domando: non è strano??? Potevo evitarlo subito?)
Spero (A BUONSENSO) che questa configurazione non mi rispetti l’equilibrio (rimarrei molto perplesso): le armature superiori sarebbero tese e non compresse!
Ovviamente, procedendo nei calcoli la sezione non è equilibrata. Infatti, nell’esempio del testo AICAP viene imposta una differente configurazione di deformazioni lineare. Epsiloncu = 3,5/1000 e epsilon’s = epsilony (acciaio compresso sulla soglia elastica). Quindi:
yn = d’ x epsiloncu/[epsiloncu – epsilony] = 2,27 x d’ = 113,5 mm (ancora non è verificato l'equilibrio)
I calcoli quindi proseguono (sempre manualmente)…

Alla fine, si arriva a questo equilibrio:
yn = 97 mm
dove, in corrispondenza di NEd = 1 MN si ha MRd = 1374 kNm > MEd = 1270 kNm
Quindi con un margine di sicurezza di 1374/1270 = 1 + 0,8 (quindi + 8%). Io sono a posto, dal solo punto di vista dei calcoli! Pienamente d'accordo e in accordo con quanto postato da g.iaria.

Ecco la mia “provocazione”: la parte cerchiata del calcestruzzo (nucleo cerchiato) avrebbe (se i calcoli sono accettati) una profondità di (97 – 50) = 47 mm; posso contare su un’eventuale incremento della duttilità all’espulsione dello strato corticale (ricordo, l’ipotesi di instabilità in condizioni dinamiche transitorie) per questo assetto particolare? Per una trave o un pilastro che non collasseranno per instabilità (e che quindi mi rimangono in piedi), sono sicurissimo che all’espulsione del copriferro potrò contare su una ulteriore duttilità che porti il calcestruzzo ad accorciamenti anche del 13-15/1000 considerato la sezione (visto che è quadrangolare) potrei staffarla con doppio ordine di staffe a rombo, ecc. Il dubbio poi diventa più forte se considero che le differenze tra i coefficienti di sicurezza ottenuti su una medesima sezione utilizzando ad esempio il “metodo della curvatura nominale” e il “metodo della rigidezza nominale” sono dell’ordine del 5-10%.

Spero di non aver "complicato" il tutto e soprattutto di essermi spiegato correttamente. In ogni caso, spero di trovare anche risposte a "intuito", perché mi interessano e affascinano particolarmente.
Ciao a tutti.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 16 May , 2014, 22:10:26 PM
Sigmund, l'esempio numerico è stato importante, perchè consente di fare le seguenti considerazioni.
epsilons = epsilonsu = 0,9 x epsilonuk = 0,9 x 75/1000 = 67,5/1000; epsilonc = epsiloncu = 3,5/1000.
Quindi (1° perplessità), calcolo l’asse neutro per questa posizione della deformazione lineare della sezione:
Asse neutro (posizione): yn = d/[1 + 67,5/3,5] = 0,0493d = 32 mm < d’ = 50 mm (domando: non è strano??? Potevo evitarlo subito?)
Spero (A BUONSENSO) che questa configurazione non mi rispetti l’equilibrio (rimarrei molto perplesso): le armature superiori sarebbero tese e non compresse!
Ovviamente, procedendo nei calcoli la sezione non è equilibrata. Infatti, nell’esempio del testo AICAP viene imposta una differente configurazione di deformazioni lineare. Epsiloncu = 3,5/1000 e epsilon’s = epsilony (acciaio compresso sulla soglia elastica). Quindi:
yn = d’ x epsiloncu/[epsiloncu – epsilony] = 2,27 x d’ = 113,5 mm (ancora non è verificato l'equilibrio)
I calcoli quindi proseguono (sempre manualmente)…
Innanzi tutto, in merito alla trafila di calcoli di tentativo della profondità dell'asse neutro che gli autori fanno, questi servono solo a stabilire se nello scrivere successivamente l'equazione risolutiva di 2^ grado bisogna considerare o meno le armature superiori snervate in compressione. E dalla seconda condizione di equilibrio per curvatura imposta gli autori ricavano che le armature superiori, in condizioni ultime per quel dato sforzo normale non saranno snervate in compressione.
Con questo penso che abbiamo risolto la questione che hai sollevato al punto 1):
1) (quasi sempre) l’equilibrio non è verificato. Inoltre, osservo che la parte compressa di cls cade (spesso) nello strato corticale della sezione. Devo ricalcolare l’equilibrio ponendo (ad es. come indicato nel Rif. 2) le armature compresse al limite elastico Es = Esy e poi andando avanti nelle calcolazioni…

In merito al secondo quesito:
Ecco la mia “provocazione”: la parte cerchiata del calcestruzzo (nucleo cerchiato) avrebbe (se i calcoli sono accettati) una profondità di (97 – 50) = 47 mm; posso contare su un’eventuale incremento della duttilità all’espulsione dello strato corticale (ricordo, l’ipotesi di instabilità in condizioni dinamiche transitorie) per questo assetto particolare?
Analizziamo il diagramma momento-curvatura ottenuto impiegando i valori di calcolo delle resistenze ed il modello di confinamento di EC2.
Ho messo la staffatura Ø8 esterna e quella interna a doppio rombo che ha ipotizzato Sigmund, con passo 15 cm, corrispondente ad un rapporto volumetrico uguale nelle due direzioni pari a 0.0018:
(http://i.imgur.com/3zcPcEe.jpg)
Come era prevedibile, in virtù dell'elevato valore dello sforzo assiale, si nota come tutto sommato l'incremento della duttilità indotto dal confinamento una volta che è avvenuta l'espulsione del copriferro è modesto. Grazie all'armatura perfettamente simmetrica la sezione arriva alla rottura convenzionale per espulsione del copriferro già con una curvatura (36*10^3 1/m) ed una duttilità (7,8) non indifferente, abbondantemente maggiore della curvatura nominale che viene calcolata con le formule del § 5.8.8.3 di EC2 (6.69*10-3 1/m).
C'è comunque da specificare che il valore di EC2 è un valore convenzionale, corrispondente ad una data distribuzione su tutto l'elemento compresso, mentre il valore analitico è a rigore valido solo nella sezione maggiormente sollecitata.
In definitiva, per rispondere a Sigmund, è certamente possibile contare sull'incremento di duttilità post-espulsione del copriferro indotta dal copriferro, ma comunque questa riserva è di fatto inutile perchè l'elemento possiede già adeguate caratteristiche duttili senza dover attingere alle risorse duttili del nucleo di calcestruzzo confinato.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 16 May , 2014, 22:23:10 PM
... Vorrei capire con voi quali sono le implicazioni di questa nuova posizione che porta e i calcoli manuali e i calcoli automatici a non considerare più il vecchio limite del 10/1000...

Per capire quali sono le implicazioni occorre provare a fare qulche conto e vedere cosa succede.
E' anche l'occasione per controllare i tuoi numeri.
Tu hai dato i seguenti valori:
Sezione cm 70x70 classe 400
Armatura superiore 10 d24 = 45,23 cm2
Armatura inferiore 10 d24 = 45,23 cm2
Nd = 100000 kg, Md = 127000 kgm

Io Avevo sviluppato un programma per la verifica delle sezioni in c.a. con limitazione della deformata del ferro al 10 permille. L'ho modificato introducendo il 67 permille e ho raffrontato i risultati che sono questi:
(http://s30.postimg.org/x6sfp30z5/Verifica_Pila_Ponte123.jpg)

CONFRONTO COI TUOI DATI
Coi tuoi calcoli hai ottenuto X= 9,7 cm, Momento Ultimo = 137400 kgm, sicurezza 1,08
Coi miei calcoli ottengo:
X=8,44 cm, Momento Ultimo = 137264 kgm, sicurezza 1,08 (con deformazione ultima acciaio 67 permile)
X=13,49 cm, Momento ultimo=136986 kgm, sicurezza 1,06 (con deformazione ultima acciaio 10 permille)

Innazi tutto si nota una ottima corrsipondenza dei risultati tra i tuoi calcoli e i miei relativi alla rottura del ferro al 67 permille di deformazione.
Poi confrontando i risultati tra il 67 e il 10 permille si nota che:
- l'asse neutro ultimo si è spostato verso l'alto. E' evidente se si consente all'acciaio di deformarsi di più.
- si nota poi che la resistenza ultima della sezione non è cambiata significativamente 137264 kgm contro 136986.
Bisognerebbe fare qualche altra prova, ma sembra che la questione sia solo didattica. Non swembrano esserci differenze sostanziali.
- In merito al Professore che sostenva che la cosa "esemplifica" il calcolo, direi proprio che è inifluente, nel senso che devo mettere comune un limite all'allungamento per calcolare il Momento ultimo. Se questo è il 10 o il 67 per mille, cambia poco a livello di calcolo.
Non ho capito invece le tue successive affermazioni:

... su una ulteriore duttilità che porti il calcestruzzo ad accorciamenti anche del 13-15/1000 considerato la sezione (visto che è quadrangolare) potrei staffarla con doppio ordine di staffe a rombo, ecc. Il dubbio poi diventa più forte se considero che le differenze tra i coefficienti di sicurezza ottenuti su una medesima sezione utilizzando ad esempio il “metodo della curvatura nominale” e il “metodo della rigidezza nominale” sono dell’ordine del 5-10%.

Se vuoi andiamo avanti un passo per volta
Ciao





Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 16 May , 2014, 23:19:21 PM
Ho messo la staffatura Ø8 esterna e quella interna a doppio rombo che ha ipotizzato Sigmund, con passo 15 cm, corrispondente ad un rapporto volumetrico uguale nelle due direzioni pari a 0.0018:
(http://i.imgur.com/3zcPcEe.jpg)
Volevo aggiungere ancora un paio di concetti.
Il diagramma momento-curvatura che avevo prima postato si riferiva ad un legame costitutivo dell'acciaio di tipo bilineare incrudente.
Il motivo per cui avevo impostato questo legame è semplice: è l'unico modello costitutivo dell'acciaio per il quale sia le NTC'08 sia l'EC2 prevedono un limite deformativo epsilonuk:
(http://i.imgur.com/pJqRiA8.jpg)
Come si vede con il legame perfettamente plastico non è previsto e alcun limite deformativo per l'acciaio, ed in quanto tale questo legame costitutivo non è ovviamente adatto a calcoli analitici sezionali che vanno oltre al punto di rottura per espulsione del copriferro.
Ai fini di un confronto si può valutare il diagramma momento curvatura con il legame elastoplastico perfetto, anche se, per i motivi prima esposti, lo si può fare solo fino al punto di espulsione del copriferro, e non oltre.
I risultati che si ottengono sono i seguenti:
MRd = 1370.54 kN*m @ Øu = 0.0345 1/m
epsilonc = 0,00350 def. lembo cls compresso
epsilon's = 0,00178 def. armature superiori
epsilons = -0,01891 def. armature inferiori
(http://i.imgur.com/mTwvJPR.jpg)
(http://i.imgur.com/gV4OECw.jpg)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 17 May , 2014, 09:30:45 AM
ciao g.iaria

I tuoi diagrammi momenti-curvatura sono bellissimi.
Da che programmi provengono?.
Aspetto un eventuale intervento di Sigmund sull'argomento e poi, magari, me li studio un pò.

Ciao
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 17 May , 2014, 11:40:03 AM
Ciao. Ho letto con molto interesse e sono anche rimasto molto colpito da tutto ciò che è stato postato. Cercherò di sintetizzare quello che mi sembra di aver capito. Spero di non tralasciare qualche vostra osservazione importante. Allora, in merito alla deformazione del 67,5/1000 deduco - anche confortato dai vostri numeri - che conviene utilizzarlo per "infittire" i punti notevoli del diagramma di interazione, dopo l'espulsione del calcestruzzo (ora posso confessarlo!). Inoltre, la mia perplessità era sull'incremento di curvatura allo scoppio dello strato corticale e quindi all'aumento degli effetti del II ordine. Come ha dimostrato g.iaria la curvatura stimata dal calcolo soddisfa la "domanda" della curvatura nominale dell'EC2 (visto che sarebbe la curvatura massima stimata). Pertanto, sono d'accordo con g.iaria su questi punti fondamentali.

Sono poi d'accordo sul fatto che l'eliminazione del limite elastico del 10/1000 sull'acciaio teso sia relativamente indifferente, almeno dal punto di vista del tracciamento del diagramma di interazione. Effettivamente, la posizione del 67,5/1000 sembra non essere così stringente. Per quanto riguarda, invece, l'osservazione sull'incremento della capacità di contrazione del cls a valori attorno al 10/1000 e più (sottintendendo l'effettiva idonea cerchiatura del nucleo) volevo significare che la vedo "accostata" ad allungamenti del 67,5/1000 piuttosto che al 10/1000 (almeno a buon senso). In merito allo “scarto” del 5-10% rispetto ai due modi di valutare le sollecitazioni di progetto - che “mascherano” la verifica di instabilità in una verifica (equivalente) di resistenza – mi porterebbe a eseguire la verifica delle sezioni con un sufficiente margine: tanto per capirci, personalmente, mi rifiuterei di accettare come “verificata all’instabilità" un calcolo con una riserva sul coefficiente di sicurezza sotto al 5%. Pertanto, non posso che concordare anche con quanto postato da Betoniera.
Ci tengo a precisare che i calcoli che ho postato non ho fatto altro che riportarli dal testo dell’AICAP all’interno del topic (Betoniera, grazie comunque della fiducia!).

Unica osservazione: stiamo ragionando su una sezione costante lungo tutto il fusto e con percentuali meccaniche di armature costanti. Pertanto, diciamo, che stiamo ragionando in termini di “colonna modello” e mi trovate pienamente d’accordo con quanto avete finora osservato. E vi ringrazio. Se si tratta di una pila alta 50-60 m (e perché no, anche di più!), sarei curioso di fare due calcoli (ma qui entreremo nel delirio più totale! Ma non voglio provocare oltre!). Avremmo una curvatura variabile lungo il fusto e pure i diagrammi momento-curvatura varieranno in funzione dell’aumento dell’azione assiale sulla sezione. Quindi non è da escludere a priori che, se consideriamo varie sezioni trasversali della pila (a sezione variabile), possano sussistere situazioni di punti coincidenti fra i momenti flettenti e le curvature anche per valori di forze assiali diverse. Questo, come noto, non può accadere per un elemento che possa essere schematizzato secondo lo schema della “colonna modello” (escludendo ovviamente il punto nell’origine degli assi del diagramma momento-curvatura). Non so se può interessare, ma sul testo di Antonio Migliacci e Franco Mola (Progetto agli stati limite delle strutture in c.a. – Parte II, Masson Editore) al par. 9.2.4 (Metodo del momento complementare) finisce tutta la trattazione sull’instabilità su elementi snelli a sezione variabile (con NEd variabile non in maniera trascurabile) dicendo sostanzialmente (faccio un sunto) che i calcoli numerici raffinati hanno dimostrato che i momenti complementari sono talvolta in difetto (allude alle formule analitiche al momento disponibili), cosicché il metodo non sarebbe a favore di sicurezza. Queste simulazioni numeriche (lascio a chi volesse, di documentarsi ulteriormente sulla bibliografia del testo) dimostrano che per “allineare” le simulazioni numeriche alle formule operative è necessario dividere ulteriormente le sollecitazioni di progetto di 1,20 (sia fcd che fyd) adottando in particolare una legge costitutiva parabolica-rettangolare per il calcestruzzo e (ovviamente) una bilatera per gli acciai. Concludo questa osservazione riportando pari-pari come concludono gli autori in merito ad apportare questo abbattimento del 20% delle resistenze di progetto: “Tale correzione, come si può ben vedere, appare un poco tortuosa da giustificare, anche se finisce col condurre a risultati in ogni caso cautelativi.”
Ultima osservazione. Riporto un punto sul testo citato che mi ha fatto sempre pensare: “Adottando il metodo del Momento Complementare, la disuguaglianza di verifica non viene effettuata in corrispondenza del punto A limite di equilibrio, bensì nel punto B corrispondente alla crisi della sezione per tensioni normali”.
continuo, riportando dal testo (relativamente al metodo del Momento Complementare):
“Infatti, negli elementi snelli la pendenza della retta dei momenti di secondo ordine e totali è maggiore di quella del ramo terminale del diagramma M-curvatura, giacché in caso contrario non si avrebbe mai la crisi per instabilità bensì sempre per rottura della sezione.”
Quest’ultimo periodo è un altro modo per dire che la curvatura in condizioni di instabilità deve sempre essere minore di quella ultima della sezione (presumo, in base alle vostre osservazioni, all’atto dello scoppio del copriferro a questo punto!). Allora, mi domando: ammetendo che la sezione ceda per resistenza e non per instabilità (curvatura maggiore di quella ultima), mi ritroverei quasi sicuramente allo scoppio del corpiferro con un momento resistente comunque minore (generalizzo, evitando quindi di specificare adesso se "tanto" o "poco"), e quindi in una condizione in teoria almeno da verificare (ecco anche perché il mio rifiuto di accettare margini di solo qualche percento in più sull'esito della verifica della sezione!). Sembrerebbe - dall'EC2, onestamente adesso no so per l'EC8 se c'è qualcosa in merito - che questa evenienza possa essere del tutto ignorata, senza porsi problemi. Cioè ci si ferma alla sola verifica con copriferro integro. Io - scusate - questa posizione mi lascia sempre più perplessità e dubbi...

Allora – continuo nella mia provocazione volutamente "irriverente" nei confronti della norma – in quale ambito ci troviamo se scoppia il copriferro (su una sezione in elevazione e non all'incastro sul dado di fondazione) per un elemento non schematizzabile con la teoria della “colonna modello” (ad esempio, come dicevo all’inizio, per una pila alta 60 m e più con sezione e armature variabili verticalmente)? Perché l'EC2 non ha nulla da osservare in merito? Mi sa spiegare l'EC2 o l'EC8 per quale motivo le pile alte in condizioni sismiche non è escluso a priori che possano collassare su sezioni più alte dalla sezione di incastro? Questo per dire solamente che la norma su questo aspetto potrebbe essere molto più esaustiva, considerato se non altro le enormi incertezze sulla schematizzazione dei materiali fuori dal campo elastico e le enormi difficoltà computazionali. Ricordo, da studi di ricercatori in tutto il mondo, che la modellazione del diagramma sforzi deformazioni al di là dello scoppio del copriferro non prevede un modello solo ma tanti e tutti molto approssimati (a detta dei Ricercatori stessi).

Permettetemi allora un piccolo sfogo. Mi risulta, da foto di terremoti di pile di ponti o viadotti collassati che ci rimane ben poco della sezione, altro che copriferro scoppiato! Invito a dare un'occhiata, ad esempio, alle foto impressionanti nel testo: "Seismic Design and Retrofit of Bridges", Priestley, Calvi, Editore John Wiley & Sons, Inc.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 17 May , 2014, 15:05:20 PM
@Sigmund:
Stai mettendo troppa carne al fuoco: dobbiamo fare un pò di ordine, mettere in fila i problemi e valutarli uno alla volta perchè altrimenti la discussione diventa troppo caotica e non riusciamo più a seguirti.
Se entriamo nel caso specifico di come le norme affrontano il problema degli effetti P-Delta nelle pile da ponte, problema che anche io ho già a suo tempo affrontato, dobbiamo valutare bene l'ambito in cui ci troviamo, in modo da riferirci alla relativa norma tecnica applicabile.
Dunque vediamo di inquadrare il problema: che tipo di azioni orizzontali stiamo analizzando?
I due casi vanno tenuti disgiunti perchè esistono due filoni normativi diversi:
Le norme le ho riportate con il loro ordine gerarchico. Per quanto riguarda gli eurocodici, la norma specifica per i ponti è sempre superiore a quella generale (di solito indirizzata agli edifici), alla quale si appoggia per fornire e le indicazioni/prescrizioni di dettaglio per i ponti.
Il titolo del topic è: "EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)", quindi presumo che si parla di azioni (ed analisi) non sismiche.
Attenendoci strettamente a questo ambito possiamo eseguire due tipi di analisi per studiare gli effetti del II ordine:
Nel caso delle pile da ponte, vista l'importanza dell'opera, l'approccio più razionale è accoppiare un'analisi completa non lineare, con uno dei metodi semplificati eseguibili mediante calcoli manuali.
Tra questi io preferisco il metodo della colonna modello, leggermente più complesso ma sicuramente il più rigoroso dei 3 disponibili, perchè tiene in conto il diagramma momento-curvatura effettivo, sebbene anche questo metodo, come quello della curvatura nominale, prevede una distribuzione convenzionale della curvatura (pressochè sinusoidale) e soprattutto prevede che la colonna modello abbia una sezione trasversale costante. Con il metodo della colonna modello il momento sollecitante del II ordine è dato dall'intersezione, se esiste, tra il diagramma momento-curvatura, e la retta nel piano M-Ø definita da:
MEd = MI + NEd*(1/10*l02*Ø)
in cui
MI momento del 1^ ordine
l0 lunghezza libera di inflessione
(http://i.imgur.com/22dJVo9.jpg)
Nel grafico la retta che determina il momento sollecitante del 2^ ordine è stata indicata con la linea rossa, la retta interseca il diagramma nel punto (1122; 0.0042), mentre il metodo della curvatura nominale prevede un valore della curvatura pari a 0.0069 ed un momento sollecitante di 1270 kN*m, quindi risulta essere più cautelativo rispetto al metodo della colonna modello.
Ovviamente, se la retta non interseca il diagramma momento-curvatura la verifica di stabilità non è soddisfatta.

@Betoniera:
I diagrammi momento-curvatura che ho postato (grazie per l'apprezzamento) provengono da un programma autoprodotto.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 17 May , 2014, 19:49:44 PM
@g.iaria. Hai perfettamente ragione. Io ho almeno un grande problema: faccio sempre una confusione impressionante anche per me. Quanto dici è ordinato e preciso e merita di procedere oltre con ordine. Spero di aver esposto e descritto i lati del problema che mi creano qualche perplessità. Avrei quindi piacere di sentire qualsiasi altra osservazione che vi venisse in mente a riguardo. Mi rivolgo anche a coloro i quali avessero piacere di intervenire per la prima volta. Se siete d'accordo, propongo a voi di condurre e indirizzare più ordinatamente il discorso. Sarei interessato a tutte le osservazioni possibili. Non pongo limiti. Magari qualche idea o domanda ulteriore mi verrà dai vostri spunti...Vorrei sforzarmi di seguire ora eventuali vostri ragionamenti...Unico invito che mi permetto di farvi: massima libertà di non farsi problemi nell'avanziare dubbi o estremi convincimenti. L'importante è capirsi e capire. Ribadisco che non disprezzerei anche osservazioni intuitive e a buon senso da parte di chiunque.
Per me sono sempre le osservazioni più geniali e irriverenti! :sclero:

PS: complimenti per i programmini. Si può sapere di piu? In particolare, come sono nati? :idea:

Frequentando il Forum "Il Bar dell'Ingegneria" ho notato che stanno lavorando su un software sul calcolo delle sezioni in c.a. (anche). Ho notato che il loro lavoro matematico e teorico di base è a dir poco impressionante. Se avessero qualche osservazione o contributo sono sicuro che sarebbe una cosa ancora più interessante e confortante.
Un saluto

 :) Fla-flo :)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 17 May , 2014, 21:08:01 PM
Spero di aver esposto e descritto i lati del problema che mi creano qualche perplessità. Avrei quindi piacere di sentire qualsiasi altra osservazione che vi venisse in mente a riguardo. Mi rivolgo anche a coloro i quali avessero piacere di intervenire per la prima volta. Se siete d'accordo, propongo a voi di condurre e indirizzare più ordinatamente il discorso. Sarei interessato a tutte le osservazioni possibili. Non pongo limiti. Magari qualche idea o domanda ulteriore mi verrà dai vostri spunti...Vorrei sforzarmi di seguire ora eventuali vostri ragionamenti...Unico invito che mi permetto di farvi: massima libertà di non farsi problemi nell'avanziare dubbi o estremi convincimenti. L'importante è capirsi e capire. Ribadisco che non disprezzerei anche osservazioni intuitive e a buon senso da parte di chiunque.
Per me sono sempre le osservazioni più geniali e irriverenti! :sclero:
Sigmund, secondo me è meglio che sia tu a continuare ad indirizzare il discorso in questo topic, visto che ne sei anche l'autore  :).
Consentimi di ribadire il suggerimento che avevo scritto prima: isoliamo ed elenchiamo i problemi e poi discutiamoli uno alla volta, questo faciliterà anche l'inserimento di contributi anche da parte di tutti gli altri.
Betoniera aveva impostato la discussione in questo modo, e quasi tutti gli aspetti che aveva elencato, mi sembra che abbiano trovato adeguato riscontro in quello che si è fin qui scritto.
Gradirei che ci illustrassi più chiaramente le perplessità a cui fai riferimento perchè confesso che non ho ben compreso tutto quello che hai esposto nel tuo penultimo messaggio.
Mi sembra che con l'analisi di tipo non sismico, a cui ho fatto riferimento nel mio precedente messaggio siamo a posto, o sbaglio?
Passiamo al caso sismico?
A te la parola.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 17 May , 2014, 21:41:46 PM
CONSIDERAZIONI SUL METODO DELLA COLONNA MODELLO E AFFIDABILITA’

Intervengo sul metodo della colonna modello per ragionare sulla validità del metodo e sui dubbi espressi da Sigmund.

Innazi tutto è opportuno spiegare  il metodo, sia per chiarirci le idee, sia per fare in modo che tutti quelli che ci leggano possano meglio capire di cosa stiamo parlando (poi faremo anche il calcolo specifico, peraltro già anticipato da G.iaria).

In pratica stiamo paragonando la pila del ponte (alta 12 m) ad un pilastro libero in sommità ed incastrato a terra.
In pratica il metodo dice:
-   Tanto per cominciare non credo il pilastro sia perfettamente verticale, quindi, tu Progettista, mi consideri una imperfezione geometrica e1 di almeno 2 cm.  Siccome in alto ci sono 100000 kg, il momento flettente aumenta di Me1=2000 kgm
-   Poi attenzione la curvatura della trave (per effetto del momento) fa spostare il nodo di sommità provocando alla base un momento aggiuntivo (eccentricità e2). Quanto vale e2?. Diciamo subito che nel nostro caso e2 vale 8,38 cm. Con un carico di 100000 kg otteniamo un ulteriore momento alla base di Me2=8385 kgm. (non sono numeri trascurabili).
Quindi al momento al momento di calcolo vanno aggiunti questi momenti flettenti che, ripeto, si generano per effetto del movimento del nodo in sommità.
Ovviamente, se la sommità non si muove, tanto meglio: non avremo questi incrementi di carico aggiuntivo. Quindi, tenendone conto, siamo a favore di sicurezza.
Per essere precisi si rileva che lo spostamento del nodo di sommità (e quindi il valore del momento aggiuntivo dovuto alla curvatura) non è fisso, ma dipende, ovviamente,  dall’entità del momento flettente. Più è grande il momento più aumenta la curvatura (e quindi l’eccentricità e2), più cresce il momento parassitario del secondo ordine.

Nel nostro caso:
Nd=100000 kg, Md=127000 kgm
B=70 cm, H=70 Cm. Afsuperiore=Afinferiore=10d24=45,23 cm2
Linghezza L=1200 cm
Il diagramma Momento curvatura (programma fatto da me) è il seguente

 (http://s23.postimg.org/srqu65xuz/Colonna_Modello456.jpg)


La linea diritta in basso rappresenta il momento del secondo ordine (Nd*e2) che cresce proporzionalmente alla curvatura.
Ad un certo punto, alla curvatura 4,07 permille, succede che il Momento Resistente, che in quel punto vale 129413 kgm cresce meno del momento parassitario dovuto all’eccentricità e2.
Quello è il punto di instabilità, raggiunto il quale il pilastro non si raddrizza più elasticamente, ma continua ad incurvarsi fino al collasso.
Quindi, il momento resistente che devo considerare non è il momento ultimo della sezione, ma quel momento oltre il quale la sezione non si raddrizza più perché gli effetti del secondo ordine (deformazione) sovrastano la resistenza del pilastro.

In conclusione otteniamo per il motivi spiegati che il momento sollecitante non è 127000, ma:
-   Il Momento sollecitante è 127000+2000+8385=137385 kgm
-   Il momento resistente non il Momento Ultimo della sezione, ma quello dovuto alla curvatura 4,07 permille e vale 129413 (sezione non verificata)

Ora rispondo alle perplessità di Sigmund:
1)   Il metodo di calcolo della Colonna Modello è sufficientemente affidabile?
 Secondo me SI perché perché i presupposti di base (nodo libero in sommità) sono prudenziali, quindi sono a favore di sicurezza.
2)   E se la sezione è variabile lungo l’altezza per geometria e per sollecitazione?.
Nessun problema: Abbiamo imparato che occorre trasferire alla base oltre al momento sollecitante Md anche i momenti parassitari Me1 ed Me2. Non dovrebbe esserci alcun problema nel considerare questi momenti aggiuntivi sui vari settori della colonna e sommarli progressivamente fino alla base. In questo modo, oltretutto, avremo anche le sollecitazioni pareziali di tutti i settori.

Caro Sigmund, nel prossimo libro che scriverai ricordati di metterci nei ringraziamenti: "... Si ringrazia G.Iaria e Betoniera per i piccoli contributi che hanno dato alla spiegazione dell'instabilità delle colonne in cls ..."
Ci risentiamo

Ciao a tutti

Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 18 May , 2014, 13:37:55 PM
Ciao a tutti. Chiedo scusa a g.iaria se non ho subito risposto, ma ho controllato pochi minuti fa. Cercherò di rispondere per ordine, seguendo il vostro consiglio. Comincio con ciò che è stato postato gentilmente da g.iaria. [Faccio una piccola premessa: provo a "quotare"...spero di non creare qualche confusione].
@Sigmund:
Dunque vediamo di inquadrare il problema: che tipo di azioni orizzontali stiamo analizzando?
  • Azioni sismiche
  • Azioni non sismiche: vento, temperatura, imperfezioni geometriche, veicoli, treni, etc.
Stavo pensando indicativamente ad azioni orizzontali di tipo sismico. Non ho nulla in contrario anche ad osservazioni per azioni differenti.

Nel caso delle pile da ponte, vista l'importanza dell'opera, l'approccio più razionale è accoppiare un'analisi completa non lineare, con uno dei metodi semplificati eseguibili mediante calcoli manuali.
Sono ovviamente d'accordo. Mi permetto solo di proporre, sempre se siete d'accordo, di proseguire la trattazione in maniera meno "serrata" (anche se difficile fare altrimenti, considerato l'argomento). Non per altro, altrimenti diventa proprio un impegno!

Tra questi io preferisco il metodo della colonna modello, leggermente più complesso ma sicuramente il più rigoroso dei 3 disponibili, perchè tiene in conto il diagramma momento-curvatura effettivo, sebbene anche questo metodo, come quello della curvatura nominale, prevede una distribuzione convenzionale della curvatura (pressochè sinusoidale) e soprattutto prevede che la colonna modello abbia una sezione trasversale costante.
Anche io sono d'accordo. Approfitto per riportare una piccola osservazione che un nostro Professore di Tecnica di Costruzioni ci fece: "visto che la resistenza di progetto del calcestruzzo è divisa per 1,6 (anni fa!) è inutile stare tanto a spaccare il capello in 4!"
Quanto infine hai postato, per me è OK!

Provo a fare qualche osservazione su quanto posto gentilmente da Betoniera.
Innazi tutto è opportuno spiegare  il metodo, sia per chiarirci le idee, sia per fare in modo che tutti quelli che ci leggano possano meglio capire di cosa stiamo parlando (poi faremo anche il calcolo specifico, peraltro già anticipato da G.iaria).
Concordo! Considerato se non altro lo "spazio" che sta impegnando questo Topic!

Tanto per cominciare non credo il pilastro sia perfettamente verticale, quindi, tu Progettista, mi consideri una imperfezione geometrica e1 di almeno 2 cm.  Siccome in alto ci sono 100000 kg, il momento flettente aumenta di Me1=2000 kgm
Effettivamente, mi sembra un'osservazione puntuale. Ragionando sul metodo me ne ero dimenticato. Facendo pedessiquamente riferimento ad un esempio numerico riportato nel testo dell'AICAP (Rif.2  Guida all’uso dell’Eurocodice 2 (vol 2) Aicap (2006)), non ci avevo pensato accontendomi di quei due numeri per esporre almeno qualitativamente il problema.

Quello è il punto di instabilità, raggiunto il quale il pilastro non si raddrizza più elasticamente, ma continua ad incurvarsi fino al collasso.
Quindi, il momento resistente che devo considerare non è il momento ultimo della sezione, ma quel momento oltre il quale la sezione non si raddrizza più perché gli effetti del secondo ordine (deformazione) sovrastano la resistenza del pilastro.
Spiegato chiarissimo. Concordo. OK.

Ora rispondo alle perplessità di Sigmund:
1)   Il metodo di calcolo della Colonna Modello è sufficientemente affidabile?
 Secondo me SI perché perché i presupposti di base (nodo libero in sommità) sono prudenziali, quindi sono a favore di sicurezza.
Anche io ritengo che i presupposti di base sono prudenziali e a favore di sicurezza.

2)   E se la sezione è variabile lungo l’altezza per geometria e per sollecitazione?.
Nessun problema: Abbiamo imparato che occorre trasferire alla base oltre al momento sollecitante Md anche i momenti parassitari Me1 ed Me2. Non dovrebbe esserci alcun problema nel considerare questi momenti aggiuntivi sui vari settori della colonna e sommarli progressivamente fino alla base. In questo modo, oltretutto, avremo anche le sollecitazioni pareziali di tutti i settori.
Mi trovi d'accordo in linea di principio. Sono sicuro che non ci sono problemi (il tuo calcolo lo dimostra: perché è molto più cautelativo e semplice). Come ho evidenziato prima, non si può spaccare il capello in quattro. Sono troppe variabili, troppe incertezze nei modelli, etc.
Mi permetto solo di osservare - non sono sicuro al 100% per cui chiedo un po' di margine - che il "metodo della colonna modello" ho la sola pecca di pretendere come ipotesi la costanza della sezione lungo l'altezza e della precentuale meccanica di armatura e che la massima sollecitazione si registri alla base (con NEd = cost). Questo - sempre se non ricordo male - è solo per "giustificare" l'equazione formale della linea d'asse deformata utilizzata a riferimento in tutti i calcoli che caratterizzano questo modello.

Provo ora a porre alla vostra attenzione solo un paio di considerazioni. Quelle che mi hanno indotto (no so se correttamente o meno) a pensare all'espulsione del copriferro come ad una "concausa" nell'innesco di un crollo strutturale per un elemento soggetto ad instabilità. Forse il considerare il caso troppo generale, ha troppo compliccato la trattazione, almeno in questa sede. Cercherò di fare proprio un sunto senza appesantire i discorsi. Pensavo a due differenti tipologie di collasso:
1) un collasso per tensioni normali, con raggiungimento della capacità portante ultima della sezione più sollecitata
2) un collasso (tipico per instabilità) con raggiungimento della capacità portante ultima dell'elemento prima della crisi per tensioni normali della tensione più sollecitata.

Ora, ragionando a buon senso, mi verrebbe in mente questa osservazione:
per il caso 1) il collasso devo registrarlo quando uno dei materiali acciaio/cemento (o entrambi) plasticizza (lasciamo stare tutte le teorie che modellano ad esempio il cls nel punto dello scoppio o ad incipiente scoppio, etc.)
per il caso 2) il collasso (il momento icipiente) non escluderei che avvenga con i materiali (soprattutto l'acciaio) in campo elastico.

Sempre ragionando a buon senso - ripeto, almeno in questa sede, per non intasare il Foum - per il caso 1 ritengo sia assolutamente determinante (ad esempio) il "metodo della colonna modello".
Per il caso 2, stante l'eventualità che possano ugualmente utilizzarsi tutte le teorie al momento disponibili in letteratura, sarei tentato a pensare che il collasso sia anche (personalmente, soprattutto) legato al variare della snellezza delle sezioni trasversali. Avevo parlato di "Metodo del Momento Complementare" solo perché, nell'esempio del testo dell'AICAP, si era scelto il calcolo con il "Metodo della Curvatura Nominale". Quindi, di un preciso valore della curvatura. Ma sempre di "colonna modello" si tratta, per non tirare dentro troppa teoria.

Tornando al valore della snellezza, sappiamo che, in ogni sezione, essa dipende dal quantitativo di armatura longitudinale, dal valore della forza assiale NEd, dai valori di MEd, dalla sezione del conglomerato Ac, ecc (variando i vari parametri in funzione dell'espressione della teoria utilizzata). Inutile evidenziare che nelle varie espressioni della snellezza non compaiono le resistenze dei materiali come variabili. Ecco, credo, che il nocciolo del ragionamento forse voleva tenere conto dell'influenza della snellezza di una generica sezione nel momento dello scoppio del conglomerato. Sicuramente, può anche darsi che alla fine sia solo una stupidaggine. L'importante è capire.

Sempre tentando di ragionare a buon senso, direi che un collasso per stato limite ultimo lo vedo come un collasso di tipo "stabile": crisi dei materiali (anziché pura instabilità dell'equilibrio, come per una colonna in acciaio). Allora, mi chiedevo, se salta il copriferro quali possono essere le implicazioni in termini di collasso, per pura instabilità (cioè acciai in campo elastico ancora, durante l'incipiente sbandamento)?. Il fatto legato al copriferrro, mi è venuto in mente per il fatto che le modalità esecutiva di pile di grande altezza spesso richiedono l'impiego di casseri rampanti e quindi con tante riprese di getto e quindi con sezioni di ripresa di getto dei ferri, etc. Si parte quindi con diverse sezioni con indebolimenti locali o con una resistenza a trazione (di partenza) un po' "declassata" e segregazione di inerti. Da qui anche una piccola perplessità sull'effettivo (???) effetto di irrigidimento prodotto dall'aderenza acciaio-calcestruzzo ("tension-stiffening"), eventuali fenomeni di fatica per gradienti termici notte-giorno, etc.

Concludo questa osservazione riportando testualmente parte di una pubblicazione sull'instabilità delle pile alte di M.A. Pisani (Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano), facente parte degli Atti dei Corsi di Aggiornamento del 29 giugno-3 luglio 1998 e 28 giugno-2luglio 1999. Si tratta dell'analisi di una pila alta 90 m a sezione variabile:

"Sebbene la pila sia snella, la crisi avviene lato calcestruzzo compresso, nella sezione z = 65 m, con l'acciaio ancora ampiamente in campo elastico. Questo fatto ribadisce l'impossibilità di adottare, nella verifica di resistenza e stabilità delle pile da ponte alte, tutti quei metodi approssimati che fanno riferimento alla sola sezione di base della colonna per valutarne la capacità resistente."

Continuo, riportando le ultime righe di chiusura del documento tecnico, conscio pienamente del fatto che siano comunque insufficienti per capire correttamente il problema:
"Metodi semplificati che considerano la sola flessione retta, quale è quello proposto al punto 4.3.5.6.4 dell'Eurocodice 2 Parte 1, appaiono, per questa tipologia strutturale, di efficacia assai dubbia."

[Osservazione: è un documento un po' datato pertanto credo si riferisse ad una vecchia versione dell'EC2].

Caro Sigmund, nel prossimo libro che scriverai ricordati di metterci nei ringraziamenti: "... Si ringrazia G.Iaria e Betoniera per i piccoli contributi che hanno dato alla spiegazione dell'instabilità delle colonne in cls ..."

Io vi ringrazio a prescindere perché finora è stata non una discussione ma una conversazione di ingegneria, tra l'altro molto piacevole. E mi trovate sempre disponibile nel proseguire...

@Betoniera.
Ti rigrazio per la fiducia...non voglio spendere troppe righe su questa questione delle pubblicazioni perché in altra sede ho un po' scocciato. Non credo che mi cimenterò più con Editori. Sono tante le persone preparate che meritano. Mi accontento di pubblicarmele da solo, se proprio deve essere...

 :) Fla-flo :)





Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 18 May , 2014, 23:15:54 PM
RAGIONAMENTI SULLA POSSIBILITA’ DI ESPULSIONE DEL COPRIFERRO COMPRESSO

Il dubbio sollevato da Sigmund riguarda la verifica allo SLU di un pilastro la cui posizione dell’asse neutro si trovi molto spostata verso l’alto.
In quel caso succede che il centro delle pressioni del calcestruzzo si trova addirittura sopra le armature compresse e comunque nella zona di calcestruzzo non confinata da staffe.

Ci si chiede: in quella situazione non si può verificare il distacco del copri ferro?
I calcoli fatti sono attendibili oppure bisogna, in qualche modo, tenerne conto, magari riducendo la capacità portante del cls?

Naturalmente per dare una risposta certa bisognerebbe  fare delle prove di laboratorio per confutare il fenomeno.
Ma nulla ci impedisce di ragionare e, magari fomulare qualche teoria di merito.

La prima domanda è: ma riteniamo che il problema riguarda solo i pilastri o può interessare anche le travi inflesse?
Io ritengo che il fenomeno riguarda soprattutto le travi inflesse, perché è il momento flettente che fa spostare l’asse neutro verso l’alto e non la compressione pura. Ne deriva che l’eventuale fenomeno è generale e non riguarda solo le pile dei ponti.

Altra domanda: Ma succede veramente che il copriferro si stacca dalle travi prima del collasso?.
Ho avuto modo di assistere a qualche prova di laboratorio distruttiva. Questo fenomeno non sembra verificarsi. Quando la trave raggiunge il collasso succede che il calcestruzzo compresso esplode dopo ampia fessurazione e dopo forti deformazioni della trave stessa (ad eccezione delle sezioni molto armate con collasso fragile).
E’ ovvio che il problema è connesso alla problematica del confinamento.
Il calcestruzzo del copriferro NON è confinato. Allora lo posso computare o meno nella resistenza?.

Per rispondere a questa domanda ho pensato di analizzare le fratture dei cubetti sottoposte a prove.
Sicuramente il calcestruzzo che utilizziamo per i provini NON è confinato.
O, meglio, c’è una piccola leggere differenza di valori se mettiamo il cubetto sotto i dischi della pressa (leggero confinamento per l’attrito) oppure se eliminiamo del tutto questo aiuto

 (http://s13.postimg.org/ndul3b2qv/Confinamento123.jpg)

Si nota che:
-   La frattura con il leggero confinamento è conica (in alto)
-    La resistenza del cls aumenta leggermente col confinamento per attrito dei piatti
-   La frattura senza confinamento (in basso) è verticale.

E qui, secondo me, sta il punto essenziale per capire il fenomeno: Quando schiaccio il provino (senza attrito), le fessure sono verticali.
Questo significa che la compressione verticale del provino provoca delle trazioni orizzontali. Il provino non si rompe per “raggiunta Compressione”, ma si rompe per “raggiunta Trazione”.
Per inciso, un cubetto di calcestruzzo soggetto a  pressione idrostatica diventa di resistenza infinita (lo sapevate?).
Non è possibile rompere un cubetto con la pressione idrostatica.
Allora si scopre che il valore Rck di resistenza del calcestruzzo è strettamente legato alla capacità di alla trazione del materiale cioè alla capacità di stare assieme del materiale.
Siccome poi, noi abbiamo calcolato questa Rck in condizioni non confinate, ecco che tale resistenza si può assumere anche per il copri ferro non confinato. Per il cls confinato tale resistenza non può che aumentare (noi non ne teniamo conto).

E’ ovvio che il ragionamento è qualitativo e solo le prove di laboratorio possono approfondire e dettagliare l’argomento.
Ma il problema non è per niente risolto perché, col problema della duttilità, succede che le staffe vengono molto infittite in corrispondenza dei nodi. Allora succede che il copri ferro, in quelle zone si torva staccato dalla matrice interna per tutta  la superficie delle staffe.
Ne deriva che il problema uscito dalla porta, rientra dalla finestra.
Qunidi la discussione è tutt’altro che esaurita.

Ciao, ne riparliamo


Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 19 May , 2014, 00:50:59 AM
Grazie,

leggo solo adesso che ho controllato la posta prima di chiudere il PC. Argomento per me interessante. Non so se convenga aprire un altro Topic, allora. In modo che sia più facile fare ordine poi. Io nel precedente post ho avuto difficoltà a quotare perché tutto il resto si trovava nella prima pagina...

Domani sono fuori tutto il giorno (...di capoccia, sempre!). Mi trovate comunque dei "vostri". Ormai il vitello grasso...è andato!

Per inciso, un cubetto di calcestruzzo soggetto a  pressione idrostatica diventa di resistenza infinita (lo sapevate?).
Non è possibile rompere un cubetto con la pressione idrostatica.

Tentato di ricordare anche qualcosa di Meccanica dei Fluidi (tetraedro di Cauchy, tensore degli sforzi) ma...lascio stare.

Ne riparliamo sicuramente.
Ciao.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 19 May , 2014, 15:56:46 PM
Il dubbio sollevato da Sigmund riguarda la verifica allo SLU di un pilastro la cui posizione dell’asse neutro si trovi molto spostata verso l’alto.
In quel caso succede che il centro delle pressioni del calcestruzzo si trova addirittura sopra le armature compresse e comunque nella zona di calcestruzzo non confinata da staffe.

Ci si chiede: in quella situazione non si può verificare il distacco del copri ferro?
I calcoli fatti sono attendibili oppure bisogna, in qualche modo, tenerne conto, magari riducendo la capacità portante del cls?
Di questo aspetto avevo già parlato prima in questo intervento (http://ingegneriaforum.it/index.php?topic=4327.msg27032#msg27032), del quale riporto uno stralcio:

Sul fatto che la porzione compressa della sezione interessi una porzione più o meno grande del calcestruzzo di ricoprimento esterno rispondo in merito al secondo punto:Prima che il calcestruzzo giunga alla sua deformazione ultima (epsiloncu) tutta la porzione di calcestruzzo compresso ha "pari dignità" nei confronti dell'equilibrio sezionale. Infatti è solo dopo che il calcestruzzo supera questo valore deformativo che iniziano a formarsi delle macro fessure longitudinali che portano ad un'espansione apparente del cls.
Questa tendenza ad "espandersi" del cls si manifesta solo per deformazioni longitudinali di compressione prossime o superiori al valore ultimo non confinato (epsiloncu) e questo implica che:
1. Per stati deformativi sezionali (curvature) tali che al lembo compresso la deformazione sia <= epsiloncu il calcestruzzo si comporta in modo sostanzialmente indifferente (stesso legame costitutivo) sia dentro il nucleo confinato, sia nello strato corticale.
2. Quando la deformazione al lembo compresso supera epsiloncu allora tutto il cls corticale è da assumersi inefficace e si considera reagente a compressione il solo cls delimitato entro il nucleo confinato (delimitato dal baricentro della staffatura perimetrale) che è compreso tra l'asse neutro e gli archi di parabola aventi per vertici le barre longitudinali confinanti. Sebbene la sezione abbia perso una buona porzione di cls compresso, il legame costitutivo del cls confinato migliora resistenza e deformazione del calcestruzzo compresso e consente il raggiungimento di curvature decisamente maggiori di quelle convenzionali fino a quando non si arrivano alle uleriori condizioni ultime che possono essere:
Nell'istante in cui la sezione perde il cls di ricoprimento c'è una discontinuità con un salto in basso nel diagramma momento-curvatura, ma la sezione trova facilmente una nuova condizione di equilibrio grazie al cls "dopato" che si trova nel nucleo confinato.

In conclusione, fino al raggiungimento della curvatura ultima in corrispondenza della deformazione massima a compressione del cls non confinato (tipicamente 0.35%), non c'è differenza tra calcestruzzo interno o esterno alla staffatura perimetrale. Per curvature maggiori, in cui il lembo maggiormente compresso supera questa soglia, allora se la sezione riuscirà a trovare una nuova configurazione deformata di equilibrio, l'unico cls reagente sarà quello dentro il nucleo confinato e la risultante degli sforzi di compressione si sposterà, abbassandosi, dentro di esso, e riducendo al contempo il braccio della coppia interna. E' questo il fenomeno fisico che spiega quella discontinuità nel diagramma momento-curvatura, sia analitico che sperimentale, in cui si nota una perdita di momento resistente per curvature immediatamente maggiori di quella ultima in corrispondenza della deformazione massima a compressione del cls non confinato.

Voglio evitare di fare post troppo lunghi, quindi prima di approfondire le altre due domande di Betoniera:
La prima domanda è: ma riteniamo che il problema riguarda solo i pilastri o può interessare anche le travi inflesse?
Altra domanda: Ma succede veramente che il copriferro si stacca dalle travi prima del collasso?.
aspetto eventuali repliche/considerazioni su quello che ho sopra riportato.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 19 May , 2014, 17:11:34 PM
Ciao. Propongo - come suggerito da g.iaria - di fare post contenuti, di volta in volta.

In merito, al nocciolo di g.iaria:
In conclusione, fino al raggiungimento della curvatura ultima in corrispondenza della deformazione massima a compressione del cls non confinato (tipicamente 0.35%), non c'è differenza tra calcestruzzo interno o esterno alla staffatura perimetrale. Per curvature maggiori, in cui il lembo maggiormente compresso supera questa soglia, allora se la sezione riuscirà a trovare una nuova configurazione deformata di equilibrio, l'unico cls reagente sarà quello dentro il nucleo confinato e la risultante degli sforzi di compressione si sposterà, abbassandosi, dentro di esso, e riducendo al contempo il braccio della coppia interna. E' questo il fenomeno fisico che spiega quella discontinuità nel diagramma momento-curvatura, sia analitico che sperimentale, in cui si nota una perdita di momento resistente per curvature immediatamente maggiori di quella ultima in corrispondenza della deformazione massima a compressione del cls non confinato.

sono d'accordo in pieno. Infatti, i diagrammi tensioni-deformazione al 3,5/1000 sono riferibili in assenza di cerchiatura. Inoltre - correggetemi se sbaglio o ho capito male - il famoso limite elastico del 67,5/1000 si può a buon senso "giustificare" solo con accorciamenti del cls maggiori del 3,5/1000 (quindi ad incipiente scoppio e dopo, del copriferro). Quindi, se per voi è plausibile, questo dubbio me lo sono tolto. E vi ringrazio, in tal caso.

Ci si chiede: in quella situazione non si può verificare il distacco del copri ferro?

Ecco, forse la mia domanda (ora) potrebbe essere questa di Betoniera, generalizzandola (a mio parere). Il calcestruzzo salta quando le curvature sono maggiori di quella ultima.
A prescindere, so che la snellezza di una sezione rettangolare a quota "L" (esempio pratico, semplice) di una colonna a mensola è pari a Lambda = 2 x L x Rad(12)/H. Dove H è l'altezza totale della sezione: H = h + h' + h''. Avendo indicato con h' = h'' l'entità del copriferro. Se diminuisce H: da H a h (espulsione del copriferro) la snellezza quindi diminuisce. A quel punto, se utilizzo i "famosi" diagrammi ridotti (di resistenza [Rif. **]) per sezioni armate (che tengono conto degli effetti del secondo ordine in funzione di vari valori delle curvature), avrei il dominio di interazione (ridotto) la cui frontiera diminuisce. Potrrei trovarmi con il punto delle sollecitazioni fuori dal dominio.

Rif. ** CEB - Manual on "Buckling and Instability", Bulletin d'Information n. 123, 1978..
[Ricordo che questi diagrammi hanno il pregio di richiedere solo il momento del I ordine - tenendo già conto degli effetti del secondo ordine perché sono tabellati - e sono scritti in funzione della snellezza meccanica "Lambda" della sezione di cui si vuole eseguire la verifica].

Ritornando all'ultimo post di Betoniera, a questo punto, a mio parere il post sarebbe risolto se riuscissi a capire quando ciò può accadere. In particolare, se può innescarsi anche quando gli acciai in trazione sono ancora in campo elastico. Come hanno dimostrato - che così l'instabilità si può verificare - alcuni documenti tecnici che avevo precedentemente richiamato all'attenzione.

Nota: chiedo solo un breve "Time-out" per sbrigare alcune cose, visto proprio in questo momento anche il post di Betonera.
Rimango a disposizione. Un saluto.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 19 May , 2014, 17:32:07 PM
... E' questo il fenomeno fisico che spiega quella discontinuità nel diagramma momento-curvatura, sia analitico che sperimentale, in cui si nota una perdita di momento resistente per curvature immediatamente maggiori di quella ultima in corrispondenza della deformazione massima a compressione del cls non confinato
...
aspetto eventuali repliche/considerazioni su quello che ho sopra riportato


Ciao g.iaria,
Credo che tu abbia ragione, ma ho bisogno di pensarci su un pò. (Oltretutto ho delle urgenze di lavoro).
In ogni modo il tuo ragionamento sembra essere forte.
Il punto di discontinuità a cui ti riferisci è quello del cambio di pendenza del diagramma Momento Curvatura?
Ciao, ci risentiamo
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 19 May , 2014, 18:56:51 PM
Il punto di discontinuità a cui ti riferisci è quello del cambio di pendenza del diagramma Momento Curvatura?
Un'immagine chiarisce più di mille parole:
(http://i.imgur.com/Gi7k9aa.jpg)
Pilastro 30x60 cm in cls C25/30 armato nella direzione forte con 3+3 Ø18 e 2+2 Ø18 di parete.
Staffatura: perimetrale Ø8/15 cm + 1 tirantino intermedio verticale Ø8/15 cm + 2 bracci intermedi orizzontali Ø8/15 cm.
Copriferro: 4 cm.
Sforzo normale: 800 kN
Valori medi delle resistenze.
Legame cls: parabola-rettangolo
Modello di confinamento cls: EC2
Legame acciaio: bilatero incrudente

A prescindere, so che la snellezza di una sezione rettangolare a quota "L" (esempio pratico, semplice) di una colonna a mensola è pari a Lambda = 2 x L x Rad(12)/H. Dove H è l'altezza totale della sezione: H = h + h' + h''. Avendo indicato con h' = h'' l'entità del copriferro. Se diminuisce H: da H a h (espulsione del copriferro) la snellezza quindi diminuisce. A quel punto, se utilizzo i "famosi" diagrammi ridotti (di resistenza [Rif. **]) per sezioni armate (che tengono conto degli effetti del secondo ordine in funzione di vari valori delle curvature), avrei il dominio di interazione (ridotto) la cui frontiera diminuisce. Potrrei trovarmi con il punto delle sollecitazioni fuori dal dominio.

Rif. ** CEB - Manual on "Buckling and Instability", Bulletin d'Information n. 123, 1978..
[Ricordo che questi diagrammi hanno il pregio di richiedere solo il momento del I ordine - tenendo già conto degli effetti del secondo ordine perché sono tabellati - e sono scritti in funzione della snellezza meccanica "Lambda" della sezione di cui si vuole eseguire la verifica].
Sono d'accordo: se all'elemento in c.a. compresso (pila da ponte) si richiede una prestazione duttile che può raggiungere solo attingendo alle riserve indotte dal confinamento del cls dopo il superamento del punto di espulsione del copriferro (parte del diagramma a tratto viola in figura) allora in quelle formule la snellezza va valutata sulla base di un'altezza utile ridotta h, pari alle dimensioni del nucleo confinato. Viceversa, se l'elemento può far fronte alla domanda di duttilità con il solo tratto del diagramma a tratto blu, si continua a considerare l'altezza piena H.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 19 May , 2014, 21:03:57 PM
... Sul punto di discontinuità indicato da g.iaria ...

E' interessante quasta discontinuità.
Non l'avevo notata e, sinceramente, non so come hai fatto a calcolarla.
Ovviamente nel mio programma non è contenuta.
Sono adato a vedere anche il programma di Gelfi e, anche lì non è contenuta.
Probabilmante il fatto è dovuto, correggimi se sbaglio, al fermarsi o meno alla deformazione 3,5 permille.
E' passato un pò di tempo da quando ho fatto quel programma, ma, ovviamente per definizione io considero il cls rotto quando raggiungo il 3,5 permille.
Tu, probabilmente, hai inserito una curva "reale" del materiale che consente deformazioni maggiori.
Non c'entra nulla, però c'è un metodo previsto all'Eurocodice 2 per la verifica della resistenza al fuoco delle sezioni in c.a. chiamato "dell'Isoterma 500" dove si riduce sezione da verificare togliendo la cotica di cls con temperatura maggiore di 500 gradi.
Nulla di simile è indicato relativamente alle verifiche del cls. Pertanto è indubbio che il copriferro, anche non confinato, possa essere considerato nella sezione di verifica.
Quindi è ragionevole ciò che hai detto tu. Siccome noi ci fermiamo con la deformazione del cls al 3,5 permille, non ci sono problemi a considerare il copriferro.
Tu invece, mi sembra, che sei andato oltre, verificando cosa succede per deformazioni maggiori.
Ma, in questo caso, siamo fuori norma o no?
Che ne dici g.iaria?


Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 20 May , 2014, 14:34:07 PM
Ciao,

approfitto per ringraziare quanto gentilmente postato da g.iaria e Betoniera sull'argomento e soprattutto per la loro disponibilità. Qualche dubbio è svanito, qualcuno è rimasto...molto altro invece mi ha ancora più convinto grazie alle vostre puntualizzazioni. Non ultimo...mi sono anche divertito.

Un saluto e alla prossima. Sempre disponibile.

 :) Fla-flo  :)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 20 May , 2014, 15:09:13 PM
... Qualche dubbio è svanito, qualcuno è rimasto...

E' stato un piacere per noi ...
Quanto ai dubbi ritengo che è meglio avere dubbi che certezze (mi fanno paura gli ingegneri che hanno solo certezze).
ciao, alla prossima
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 20 May , 2014, 20:21:59 PM
Non l'avevo notata e, sinceramente, non so come hai fatto a calcolarla.
Ovviamente nel mio programma non è contenuta.
Sono adato a vedere anche il programma di Gelfi e, anche lì non è contenuta.
Probabilmante il fatto è dovuto, correggimi se sbaglio, al fermarsi o meno alla deformazione 3,5 permille.
E' passato un pò di tempo da quando ho fatto quel programma, ma, ovviamente per definizione io considero il cls rotto quando raggiungo il 3,5 permille.
Tu, probabilmente, hai inserito una curva "reale" del materiale che consente deformazioni maggiori.
Più che una curva reale io ho adottato un modello costitutivo del cls confinato che consente il raggiungimento di deformazioni ultime maggiori della deformazione di rottura del cls non confinato (tipicamente 0.35% di deformazione del lembo compresso di cls) e di conseguenza si possono analizzare tutte le riserve sezionali duttili a disposizione e proseguire nel tracciamento del diagramma momento-curvatura.
Il cls del nucleo confinato (vedasi diagramma sigma-espsilon a tratto fucsia dell'immagine che ho prima postato) ha:
(http://i.imgur.com/0QQo5ZY.jpg)
Di modelli di confinamento ne esistono tanti in letteratura: EC2, EC8, Mander, Watanabe, etc.
Il più conservativo è quello dell'EC2, quello dell'EC8 parte 3 è invece uno dei più spinti, quello di Mander è forse il più realistico per i pilastri con compressione quasi centrata, mentre quello di Watanabe è il più adatto nei casi di sezioni fortemente parzializzate (travi o pilastri poco compressi).
I parametri meccanici del legame tensioni deformazioni crescono al crescere della pressione di confinamento sigma2.
Tu invece, mi sembra, che sei andato oltre, verificando cosa succede per deformazioni maggiori.
Ma, in questo caso, siamo fuori norma o no?
Prima vediamo di capire quando è auspicabile, se non necessario, analizzare le riserve duttili dopo l'espulsione del copriferro.
Sicuramente non quando dobbiamo fare delle verifiche di resistenza allo SLU, per le quali possiamo tranquillamente fermare il tracciamento del diagramma nel punto di "rottura convenzionale".
Diverso è il caso delle verifiche di duttilità locale, o nell'implementazione delle leggi costitutive non lineari nelle cerniere plastiche dei modelli FEM (ad es. push-over), nelle quali lo scopo non è valutare una resistenza, bensì uno spostamento (e questo è anche il motivo per cui in questi casi è opportuno eseguire il calcolo basandosi sui valori medi delle resistenze, anzichè sui valori di calcolo).
Tutto questo non è assolutamente fuori norma, ed anzi, sono le norme stesse che indicano questa strada:

Circolare NTC'08 § C7.4.4. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI
Nella valutazione della duttilità di curvatura per le verifiche di duttilità nelle zone critiche, il
contributo in termini di resistenza e di duttilità dovuto al confinamento del calcestruzzo va
considerato utilizzando modelli adeguati. A tal fine, la sola parte di calcestruzzo contenuta
all’interno delle armature che garantiscono il confinamento può essere considerata efficacemente
confinata.
In presenza di sforzo normale, per conseguire il limite di 1,5 indicato nelle NTC è necessario tener
conto del confinamento prodotto dal calcestruzzo dalla presenza delle staffe. Si evidenzia che tale
problema nelle usuali strutture intelaiate riguarda soltanto le sezioni al piede dei pilastri.


NOTA: il limite di 1.5 di cui si parla è quello di cui all'ultimo capoverso § 7.4.4 di NTC'08. E' un valore molto oneroso, non previsto sull'EC8, che rende ancor più importante la necessità di attingere a tutte le risorse duttili disponibili.

Eurocodice 8 - UNI EN 1998-1 (2005) § 5.4.3.2.2 Detailing of primary seismic columns for local ductility
(7)P If for the specified value of µØ a concrete strain larger than epsiloncu2=0,0035 is needed
anywhere in the cross-section, compensation for the loss of resistance due to spalling of
the concrete shall be achieved by means of adequate confinement of the concrete core,
on the basis of the properties of confined concrete in EN 1992-1-1:2004, 3.1.9.


Concludo tornando all'argomento dell'instabilità delle pile da ponte.
In questo caso secondo me non ha senso procedere a tracciare il diagramma oltre il limite di rottura convenzionale dato che un dimensionamento della pila eseguito in maniera corretta dovrebbe già comportare uno sforzo normale adimensionalizzato nella sezione al piede non eccessivo (nell'ordine di 0.25÷0.35) e quindi tale da non inficiare in modo apprezzabile la duttilità di curvatura in quella sezione pur limitandosi alla deformazione del 0.35% del cls.
D'altronde limitare lo sforzo assiale con questa finalità è lo stesso approccio che viene indicato per le colonne degli edifici sull'EC8-1 nel § 5.2.3.7 (3P):
c) An appropriate limit of the normalised design axial force shall be respected (see
5.4.3.2.1(3)P, 5.4.3.4.1(2), 5.5.3.2.1(3)P and 5.5.3.4.1(2)) to reduce the consequences of
cover spalling and to avoid the large uncertainties in the available ductility at high levels
of applied axial force.

Analoghe limitazioni, più specifiche per le pile da ponte, che legano direttamente la domanda di duttilità con lo sforzo assiale massimo si trovano sulla UNI EN 1998-2:2006.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Betoniera on 20 May , 2014, 20:42:36 PM
Caro g.iaria ti devo fare i complimenti.
Inutile dirti che fin lì, io non c'ero arrivato.
Spero di avere l'opportunità di qualche altro confronto in futuro (e magari anche con Sigmund).
Ciao, alla prossima
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 21 May , 2014, 14:20:48 PM
Grazie Betoniera, se ci sarà occasione ben volentieri.

Lascio un link a un documento che credo sia istruttivo. Già da tempo l'avevo trovato molto interessante. Lo posto qui qualora qualcuno volesse dargli un'occhiata. Un saluto a tutti e alla prossima.

http://www.ding.unisannio.it/ricerca/gruppi/ingciv/ceroni/Dispense/14.Confinamento.pdf (http://www.ding.unisannio.it/ricerca/gruppi/ingciv/ceroni/Dispense/14.Confinamento.pdf)

http://www.anidis.it/fileadmin/ConvegniANIDIS/1999/Attolico_S.Biondi_C.Nuti_%20M.Petrangeli.pdf (http://www.anidis.it/fileadmin/ConvegniANIDIS/1999/Attolico_S.Biondi_C.Nuti_%20M.Petrangeli.pdf)

Ci sarebbe troppo da dire e discutere...tempo poco (purtroppo!).
 :) Fla-flo  :)
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 21 May , 2014, 14:37:59 PM
@Betoniera&Sigmund:
Confrontarsi é stato un piacere anche per me.
Alla prossima.
Saluti.
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: g.iaria on 31 May , 2014, 12:11:26 PM
Riprendo questo topic perchè ci sono un paio di concetti sollevati da Sigmund che riguardano le pile da ponte che poi non sono stati approfonditi.
Li riporto qui:

Il primo punto è quello più controverso, per il quale secondo me è difficile dare una risposta secca.
Le potenziali cause sono le più svariate, e sono tipiche della progettazione ed esecuzione delle pile da ponte con sezione mono o pluri-cellulare.
Provo ad elencarle brevemente, ma per ognuna si potrebbe discutere approfonditamente.
Cause progettuali:
Cause esecutive:
Se a qualcuno ne viene in mente un'altra la dica pure, ma già con queste si vede che le potenziali cause sono tante ed andrebbero indagate caso per caso.

Il secondo punto prende corpo da questa frase di Sigmund:
Unica osservazione: stiamo ragionando su una sezione costante lungo tutto il fusto e con percentuali meccaniche di armature costanti. Pertanto, diciamo, che stiamo ragionando in termini di “colonna modello” e mi trovate pienamente d’accordo con quanto avete finora osservato. E vi ringrazio. Se si tratta di una pila alta 50-60 m (e perché no, anche di più!), sarei curioso di fare due calcoli (ma qui entreremo nel delirio più totale! Ma non voglio provocare oltre!). Avremmo una curvatura variabile lungo il fusto e pure i diagrammi momento-curvatura varieranno in funzione dell’aumento dell’azione assiale sulla sezione. Quindi non è da escludere a priori che, se consideriamo varie sezioni trasversali della pila (a sezione variabile), possano sussistere situazioni di punti coincidenti fra i momenti flettenti e le curvature anche per valori di forze assiali diverse. Questo, come noto, non può accadere per un elemento che possa essere schematizzato secondo lo schema della “colonna modello” (escludendo ovviamente il punto nell’origine degli assi del diagramma momento-curvatura).
Esistono in realtà metodologie di calcolo, semplici ma abbastanza consolidate, che possono adattarsi anche al caso della geometria della pila indicato da Sigmund. Uno di questi è quello di idealizzare la geometria reale, pur complessa che sia, con un modello equivalente a mensola di massa (tutta in testa) e rigidezza opportuni. Indicazioni al riguardo si trovano sul testo "Progettazione e costruzione di ponti" del grande prof. M.P. Petrangeli ed. Masson, a pag. 279 dell'edizione del '96 che ho io. Se Sigmund è disponibile possiamo applicare il metodo alla pila a cui ha fatto riferimento. Il metodo è abbastanza diretto e non sarebbe affatto un delirio.

Infine sono incuriosito anche da questo:
Permettetemi allora un piccolo sfogo. Mi risulta, da foto di terremoti di pile di ponti o viadotti collassati che ci rimane ben poco della sezione, altro che copriferro scoppiato! Invito a dare un'occhiata, ad esempio, alle foto impressionanti nel testo: "Seismic Design and Retrofit of Bridges", Priestley, Calvi, Editore John Wiley & Sons, Inc.
Sigmund, non possiedo il libro in questione, non è che saresti disposto a postare qualche immagine tratta dal testo?
Title: Re:EN 1992-1-1:2005 – Diagramma acciaio (instabilità pile ponte)
Post by: Fla-flo on 31 May , 2014, 17:30:47 PM
Ciao,

Sigmund, non possiedo il libro in questione, non è che saresti disposto a postare qualche immagine tratta dal testo?

Posto qui due foto (fatte alle pagg. 20-21 del testo "Seismic Design and Retrofit of Bridges" Priestley, Calvi) di due pile di viadotto collassato dopo terremoto. Si nota in modo evidente (anche se la qualità delle immagini non è delle migliori) la completa assenza di copriferro e l'instabilità delle armature longitudinali. Eccole:


(http://s18.postimg.org/6v0wrybhx/image.jpg) (http://postimg.org/image/6v0wrybhx/)

(http://s18.postimg.org/kkvg0qylx/image.jpg) (http://postimg.org/image/kkvg0qylx/)


In merito a quanto postato da g.iaria non posso che concordare pienamente. Relativamente a quanto riportato da pag. 278 a pag. 284 del testo di Mario Paolo Petrangeli (ho la IV edizione cartacea del 1998), anche se il calcolo del tagliante sismico fa riferimento alla vecchia norma, sono ovviamente d'accordissimo per fissare le aramture lungo le sezioni più importanti del fusto.

A tal proposito, dello stesso periodo (1997) risale uno studio di vari autori tra cui il Petrangeli stesso sul contribuito dell’instabilità delle armature longitudinali nella risposta delle pile del viadotto Hanshin di Kobe (avevo postato due link in qualche post precedente). In particolare, hanno evidenziato un collasso di tipo 3D (rottura per taglio della biella convenzionale di cls con espulsione del copriferro in presenza di pressoflessione) anziché 2D (ovvero, sola analisi della sezione, con rottura imnputabile al collasso per presso-flessione della sezione maggiormente sollecitata). Ciò, quindi, indipendentemente dall'altezza della pila.

Ritornando al ruolo dello scoppio del copriferro (come concausa o meno del collasso: sia per raggiungimento delle tensioni o sia per superamento della snellezza meccanica in una generica sezione), viene indagata
la rottura di tipo fragile con espulsione del calcestruzzo diagonale compresso per taglio. Secondo quanto affermano gli Autori, un’analisi convenzionale condurrebbe a ritenere la resistenza a taglio superiore a quella flessionale, ma tale incongruenza è stata giustificata mediante l'utilizzo di analisi con elementi a fibre (senza taglio: analisi 2D), mentre modelli di rottura anche per taglio (analisi 3D) hanno permesso di rilevare la crisi per effetto P-Delta, accentuato dalla disgregazione del calcestruzzo diagonale. Ovviamente in entrambi i modelli (3D e 2D) sono state proprio utilizzate le forumulazini del Petrangeli, salvo l'utilizzo di spettri di progetto diversi (non riconducibili alla vecchia norma italiana, evidentemente).

Da qui, mi riallaccio a quanto detto in merito all'uso (a mio parere sempre più necessario quanto più la pila è snella e di sezione variabile con l'altezza) dei diagrammi di interazione ridotti (input con soli momenti del I ordine) in funzione della snellezza meccanica della sezione e del suo rapporto meccanico di armatura (ne esistono tabellati in alcune vecchie pubblicazioni). Ritengo che nelle pile molto alte (circa dai 35-40 metri in su), il metodo della colonna modello come anche quello del momento complementare diventano sempre meno attendibili a causa: 1) dell'azione assiale marcatamente variabile lungo la pila, 2) dei cedimenti rotazionali delle fondazioni, 3) delle azioni termiche, 4) degli effetti differiti nel tempo, 5) dalle eccentricità biassiali, 6) dalla distribuzione dei carichi di pressione del vento sul fusto (senza contare effetti per distacco dei vortici, scie, ecc.). Inoltre, per sezioni trasversali marcatamente variabili (pile molto alte) anche la valutazione del carico critico euleriano risulta essere un problema complicato e oneroso. Senza poi considerare (per semplicità lo avevo proprio trascurato: ma non è affatto da trascurare) l'influenza esercitata dall'impalcato tramite gli apparecchi di appoggio sul comportamento delle pile (in particolare, a sezione variabile!), dal tipo di impalcato stesso (impalcato su due appoggi o impalcato continuo) e, non ultimo, dall'infulenza esercitate dalle altre pile che avranno generalmente altezze differenti.
Ad esempio, in direzione longitudinale dell'impalcato ci può essere un evoluzione del sistema statico: a mensola sì, ma fino a quando il cinematismo consentito dai vincoli e dai giunti non si esaurisce. Dopo, infatti, l'impalcato può impedire lo sbandamento della sommità delle pile, ammesso che i dispositivi di fine corsa degli appoggi siano in grado di opporre una forza vincolare in tal senso. In altre parole, la posizione di eventuali punti di flesso evolve coerentemente con lo stato di carico e sollecitazione (mi sto riferendo, in particolare, a pile di sezione variabile e quindi di altezza elevata). Inoltre, nel caso di implacati in zona sismica, i dispositivi antisismici modificano il collegamento pila-impalcato e quindi ci può essere una variazione delle condizioni di vincolo. Quindi, ad esempio, anche viadotti a travata appoggiata potrebbero presentare un vincolo elastico longitudinalmente.

In questo quadro così complesso, vedo il metodo della colonna modello (sarebbe più giusto dire il suo derivato "Metodo del momento complementare" con eventualmente il "metodo della curvatura nominale" dell'EC2) come modello semplificato di predimensionamento che in prima battuta mi permetterà di "abbozzare" le armature lungo tutto il fusto della pila. Sottintendendo, in particolare, tutte quelle situazioni di pile molto alte e necessariamente di sezione variabile.

Come avevo anticipato in qualche post iniziale, questa questione è troppo vasta, complessa e tutt'ora dibattuta e vorrei cercare di non farmi troppo "inghiottire". Mi viene in mente, ad esempio, alcuni metodi che utilizzano fasciature in FRP.

A me sarebbe bastato solo capire se lo scoppio del copriferro (per tutti i motivi che si vogliano: rottura per taglio, cause progettuali, esecutive, ecc.) possa essere almeno una concausa.  :help:

Un saluto.